Tranchida resta sindaco di Trapani, TAR respinge ricorso. Miceli dovrà pagare 10.000 euro

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Giacomo Tranchida rimane sulla sua poltrona di sindaco di Trapani e Maurizio Miceli, suo sfidante alle amministrative battuto d’un soffio e poi ricorrente al TAR, dovrà adesso sborsare diecimila euro di spese di giudizio. 3.500 in favore di Tranchida, altrettanti per l’assessore all’urbanistica Pellegrino e 300 euro ciascuno a una decina di consiglieri comunali di maggioranza.  Il tar di Palermo ha infatti respinto il ricorso del meloniano Miceli, adesso consigliere comunale, che aveva chiesto il riconteggio dei voti validi in 29 delle 67 sezioni elettorali di Trapani, sostenendo che ci fossero stati delle irregolarità che avrebbero falsato il risultato delle elezioni amministrative. Il primo grado della giustizia amministrativa ha dichiarato inammissibile anche l’altro ricorso presentato da Giovanna Romano, prima dei non eletti nella lista “Amo Trapani”.

Giacomo Tranchida era stato riconfermato primo cittadino di Trapani, nel maggio scorso, con il 42,45% delle preferenze (11.364 voti), Miceli aveva ottenuto invece il 37,23% (9.968 voti). Una forbice che, qualora il gruppo e la lista civica del leghista Turano avesse rispettato l’appartenenza al centro-destra, sarebbe stata esattamente al contrario e Miceli sarebbe stato eletto sindaco. Il coordinatore provinciale di Fratelli d’Italia aveva quindi fatto ‘ferro e fuoco’ accusando l’assessore regionale alcamese ma Turano è rimasto al suo posto nel governo Schifani e i suoi amici al loro a sostegno del sindaco Tranchida. Adesso la sentenza del TAR che dà invece ragione al primo cittadino trapanese e altri consiglieri comunali eletti nelle liste della sua coalizione che avevano presentato opposizione al ricorso di Miceli. La I Sezione del TAR ha infatti esaminato sezione per sezione i casi denunciati da Miceli non riscontrando però irregolarità. “Il ricorso – si legge nella sentenza- non è fondato. In generale, sono segnalati e lamentati errori materiali irrilevanti, dovuti ad una inesatta verbalizzazione, ai quali tuttavia il ricorrente non aggiunge alcun ulteriore elemento per corroborare la presunta influenza sul risultato elettorale. Né, d’altro canto – aggiungono i giudici del TAR Sicilia – il ricorrente ha allegato un principio di prova idoneo a dimostrare che gli errori anche di trascrizione riscontrabili dai verbali sezionali abbiano inciso sul risultato elettorale a suo sfavore”.