Tanta Alcamo nel processo all’ex vescovo. Imprenditore nega lavori privati

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C’è anche tanta Alcamo nella brutta vicenda che anni fa sconvolse la diocesi di Trapani con guerra tra le tonache, immobili ceduti sottocosto, conti aperti allo IOR, ammanchi nei bilanci delle fondazioni diocesane e accuse penali nei confronti del vescovo dell’epoca Francesco Miccichè che a suo tempo, additato l’ex arciprete della chiesa madre di Alcamo, Ninni Treppiedi, poi divenuto da accusato ad accusatore.  Nella vicenda processuale per adesso in corso sono anche entrate le dichiarazioni rese in aula dall’imprenditore alcamese Vincenzo Maniscalchi, ex presidente della cooperativa edilizia Ceal, specializzata in lavori di recupero e manutenzione di chiese e comunque edifici ecclesiali. In merito a lavori in edifici privati di Miccichè e della sua famiglia Maniscalchi aveva risposto alla domanda specifica del PM negando di averne mai eseguito o fatti eseguire da alcuno dei suoi operai”.

Nel corso dell’udienza era anche emersa la vicenda delle pietre ornamentali presenti a Monreale e Villa Betania di cui sono state mostrate delle foto. A tal proposito l’imprenditore alcamese, sentito solo come teste,  aveva dichiarato che non fosse possibile affermare con estrema sicurezza che si tratti delle medesime pietre”. Nell’ultima udienza del processo a carico dell’ex vescovo di Trapani accusato di peculato, il tribunale ha provato a fare conti in tasca a Francesco Miccichè. L’udienza, infatti, é stata incentrata sulle spese sostenute dall’ex capo della chiesa trapanese per il recupero e la ristrutturazione di alcuni immobili tra i quali una villa a Monreale e un appartamento a Palermo. 700 mila euro di lavori  secondo quanto riferito in aula dal consulente della Procura. L’avvocato Salvino Caputo, che assiste Miccichè ha però fatto delle puntualizzazioni. “Non è possibile stabilire a quanto ammontino precisamente i costi delle ristrutturazioni – ha detto il legale – visto che alcuni interventi sono documentabili dalle fatture e altri invece no, dato che alcuni di questi lavori sono stati effettuati in economia.

“I soldi utilizzati per queste opere – ha precisato ancora il legale – sono in realtà il ricavato di una serie di vendite di immobili ricevuti in eredità dalla famiglia dell’ex vescovo. Un flusso di denaro, quello derivante da queste vendite che ammonterebbe a circa 650mila euro”.  “Per il resto, vero è che una ditta ha trasportato delle pietre a Monreale – ha concluso l’avvocato Caputo – ma si trattava di viaggi verso un cantiere aperto in via Lenzitti, dove un’ex pizzeria acquistata dalla Curia era stata trasformata in seminario. Niente a che fare dunque con le proprietà di Miccichè”.