Paziente alcamese morta nel 2017. Condannati medici e infermieri, pena sospesa

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Avrebbero sottovalutato le condizioni di salute di una donna alcamese di 38 anni presentatasi al pronto soccorso dell’ospedale di Alcamo per un fortissimo mal di testa. Non avrebbero effettuato i controlli previsti per il caso (TAC e risonanza magnetica) ipotizzando soltanto cefalea e stato di depressione. La 38enne però, dopo un paio di settimane, moriva per idrocefalo acuto e per le cure avviate troppo in ritardo. Così un medico e due infermieri del pronto soccorso del san Vito e Santo Spirito e un altro medico in servizio al presidio di giardia medica sono stati condannati a due anni ciascuno, pena sospesa, per colpa, negligenza, imprudenza ed imperizia. Il PM, nella sua requisitoria, aveva invece chiesto 3 anni e sei mesi per ognuno dei quattro imputati. La sentenza emessa dal tribunale di Trapani pochi giorni prima di Natale ha riguardato due donne medico, L.M. e P.F, la prima in servizio all’epoca alla guardia medica e la seconda di turno al pronto soccorso, e due operatori sanitari dello stesso reparto, un infermiere adesso in pensione, F.A, e un’infermeria anche lei ora pensionata, M.G.S.

La vittima, quel 27 gennaio del 2017, si era recata due volte al nosocomio alcamese, una durante la notte e poi nel pomeriggio. La professionista di turno alla guardia medica è stata condannata per essersi limitata a somministrare un antidolorifico sottovalutando il caso e omettendo inviare nuovamente la paziente allo stesso pronto soccorso che, poco prima, aveva dirottato la donna al posto di guardia. La dottoressa del pronto soccorso per aver sottostimato la sintomatologia esposta dalla donna nel corso del secondo accesso all’area di emergenza dell’ospedale di Alcamo, alle 14.47 dello stesso giorno, ritardando il consulto con il neurologo ed, anzi, avviando la 38enne all’attenzione dello psichiatra dopo aver formulato l’errata diagnosi di sindrome ansiosa depressiva; inoltre per non aver sottoposto la paziente, con assoluta urgenza, alla TAC dell’encefalo, lasciandola ancora in attesa nel corridoio per oltre un’ora. L’infermiere adesso in pensione è stato condannato invece per avere inviato la vittima alla guardia medica durante il primo accesso al pronto soccorso avvenuto alle 3 della notte. L’infermiera addetta al triage all’atto del secondo accesso della 38enne, nel primo pomeriggio, per aver assegnato alla paziente un codice bianco per supposta sindrome depressiva, quindi ponendola in attesa e determinando un ulteriore ritardo diagnostico.

I quattro sanitari alcamesi sono stati condannati anche a pagare le spese processuali ammontanti complessivamente a 4.680 euro sia ai familiari della 38enne che all’associazione Defensio e all’Osservatorio Diritti Violati, costituitisi parti civili. Gli avvocati dei quattro sanitari hanno già preannunciato il ricorso in appello. Sarà invece il tribunale civile a stabilire l’entità del risarcimento in favore del marito e dei figli della vittima, difesi dagli avvocati Laura Ancona e Saro Lauria, e della sorella rappresentata dall’avvocato Sebastiano Dara. All’epoca dei fatti l’ASP, con una nota stampa, aveva smentito la ricostruzione dei fatti effettuata dai familiari della donna