Omicidio Mirarchi, Cassazione conferma. Ergastolo per Girgenti

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La prima sezione della Cassazione ha confermato ieri pomeriggio la sentenza con cui, il 2 marzo 2020, la corte d’appello di Palermo aveva condannato all’ergastolo il cinquantenne bracciante-vivaista di Marsala, Nicolò Girgenti, imputato per l’omicidio (in concorso con ignoti) del maresciallo dei carabinieri Silvio Mirarchi, ferito a morte con un colpo di pistola la sera del 31 maggio 2016 nelle campagne di contrada Ventrischi, nell’entroterra marsalese. In primo grado, Girgenti era stato condannato sempre al carcere a vita, l’8 ottobre 2018, dalla Corte d’assise di Trapani. Silvio Mirarchi, 53 anni, vice comandante della stazione carabinieri di Ciavolo, quella sera era impegnato con un altro carabiniere, l’appuntato Antonello Massimo Cammarata, in un appostamento nei pressi di una serra all’interno della quale furono successivamente rinvenute 6 mila piante di canapa afgana. Ad uccidere il sottufficiale fu un proiettile sparato da una semiautomatica Star, modello Bs calibro 9×19, ma sul luogo vennero trovati anche i bossoli di un’altra arma.

Per questo, gli investigatori ipotizzano che a sparare fossero in due. Sette i colpi esplosi complessivamente, quella notte, contro i militari dell’Arma. Girgenti venne poi arrestato dai carabinieri il 22 giugno 2016. “Arrivati all’incirca dove ci sono le serre – ha raccontato l’appuntato Cammarata, rimasto miracolosamente illeso nell’agguato – il maresciallo Mirarchi ha acceso la lampadina e abbiamo intimato: ‘alt, fermi, carabinieri’. Ma non abbiamo finito di dire le parole che ci hanno sparato addosso”. Dopo la sparatoria le prime indagini puntarono sul gruppo di persone che gravitava intorno alla gestione della serra, poi sequestrata. E saltò fuori il nome di Girgenti, che la gestiva fino ad alcuni mesi prima. Il bracciante fu sottoposto allo stub, che venne analizzato dai Ris di Messina, che rilevò un’alta percentuale di sostanze (nichel e rame) che, secondo la difesa, non sarebbero però riconducibili a polvere da sparo, ma ai fertilizzanti utilizzati dall’uomo nelle sue attività agricole. Una tesi che comunque non ha retto nei vari gradi di giudizio. Nel processo, i familiari di Silvio Mirarchi si sono costituiti parte civile, assistiti dall’avvocato Giacomo Frazzitta.