Nessuna condanna per le testate giornalistiche citate in giudizio da Alberto Butera, imprenditore alcamese, per gli articoli sulla vicenda di un immobile al centro di illeciti edilizi che sorge ad Alcamo nei pressi di largo De Gasperi. Una storia, all’epoca dei fatti, che fece parecchio scalpore in quanto i proprietari del magazzino erano parenti dell’assessore pentastellato, in carica da pochi mesi, Fabio Butera. Alberto Butera, difeso dall’avvocato Vito Galbo, aveva citato in giudizio Giornale di Sicilia, Repubblica, TP 24, Ideazionenews e Alpa 1 chiedendo un risarcimento danni per responsabilità extracontrattuale per diffamazione a mezzo stampa. Dopo più di 5 anni da quegli articoli di stampa la sezione civile del Tribunale di Trapani, in composizione monocratica del giudice Carlo Maria Bucalo ha rigettato le richieste di risarcimento e non ha ravveduto alcun reato di diffamazione.
“Nel vagliare la domanda proposta contro le tre testate giornalistiche in oggetto – si legge nella sentenza – ci si deve rifare alla giurisprudenza di legittimità che esamina la portata scriminante del diritto di cronaca. Per gli articoli al centro del giudizio sussiste quindi la verità (quantomeno putativa) della notizia riportata. In altri termini, è vero che alla data della pubblicazione della notizia da parte delle tre testate esisteva un’indagine per abusi edilizi inerenti all’immobile, la cui proprietà – almeno apparentemente – faceva capo anche ad Alberto Butera. La prova la fornisce lo stesso ricorrente – scrive il Tribunale di Trapani – con la relazione depositata in cui si legge che all’epoca della pubblicazione della notizia (aprile 2017) sussisteva una difformità tra i dati catastali relativi all’immobile (in pratica la fonte invocata dalle testate giornalistiche) e la reale situazione catastale dello stesso magazzino.
L’accertamento della verità operato dalle testate giornalistiche soddisfa quindi i criteri ed i requisiti previsti in merito all’esercizio legittimo del diritto di cronaca – si legge nella sentenza. Tra l’altro nella trattazione della notizia da parte di tutte le testate in esame, il requisito della continenza. Dalla lettura degli articoli contestati non emergono, infatti, “toni suggestivi o insinuanti”, piuttosto la notizia viene riportata da tutte le testate con toni pressocché obbiettivi: viene dato atto delle indagini in corso, ed infatti il fatto illecito è descritto – praticamente sempre – in termini dubitativi e con l’uso del condizionale. Fin qui il parere del giudice monocratico che si è anche soffermato sull’interesse pubblico alla notizia. Alberto Butera dovrà quindi pagare le spese legali sia al Giornale di Sicilia che ad Alpa 1, testata quest’ultima difesa dall’avvocato Gianluca Vivona. L’imprenditore alcamese dovrà anche pagare un quarto delle spese legali a Repubblica, a IdeazioneNews e a TP 24.