D’Alì: “Contatti con la mafia”

0
467

TRAPANI – Per il pubblico ministero Paolo Guido non ci sono dubbi. Il senatore Antonio D’Alì è stato vicino alla famiglia dei Messina Denaro. Prima al vecchio boss Francesco e poi al figlio Matteo, ancora oggi latitante. Guido, nella sua requisitoria, ha ripercorso tutte le tappe e gli episodi che avrebbero messo in collegamento il parlamentare trapanese con la famiglia mafiosa di Castelvetrano. Con l’intervento di Guido il processo a carico di D’Alì è entrato nel vivo. L’accusa nei confronti del parlamentare trapanese è di concorso esterno in associazione mafiosa. Il prossimo 24 maggio parleranno l’altro pm, Andrea Tarondo, e le parti civili. Ci sarà dunque la requisitoria di Andrea Tarondo. La arringhe difensive sono state invece programmate per il 14 e 21 giugno. Gli avvocati di D’Alì sono Gino Bosco e Stefano Pellegrino. Il nome del senatore D’Alì è stata una costante nelle indagini antimafia più recenti. La cosiddetta mafia borghese, quella che ha “comandato” su Trapani e la provincia è finita spesso associata alla sua persona. Fece scalpore quando vennero fuori alcune dichiarazioni, l’indomani smentite, dell’ex moglie del parlamentare, la signora Picci Aula, in cui veniva ammesso un certo legame tra il suo vecchio consorte e Cosa nostra. In particolare si è soffermata sulle elezioni del 1994 e sulla presunta cessione fittizia di un terreno a Castelvetrano la requisitoria del Pm. Il magistrato ha ricordato le dichiarazioni del pentito Tommaso Cannella che aveva parlato della possibile creazione, voluta dalla mafia nei primi anni ’90, del partito «Sicilia Libera» nel quale si doveva candidare Tonino D’Alì che però poi scelse Forza Italia. Gli antichi contatti tra D’Alì e la mafia sarebbero dimostrati, secondo la Procura, anche dalla fittizia cessione dei terreni in contrada Zangara a Castelvetrano. Negli anni ’80 D’Alì avrebbe avuto ingenti debiti da pagare per un investimento andato a male in Sardegna e quei terreni di Zangara sarebbero stati venduti. Secondo l’accusa, però, quel terreno finì nelle mani delle cosche trapanesi a livello gratuito. “I due passaggi fondamentali della requisitoria – sostengono i legali di D’Alì, Bosco e Pellegrino – sono assolutamente obbiettabili e non rappresentano una novità rispetto al compendio probatorio che aveva determinato gli stessi pm a richiedere precedentemente, e per ben due volte, l’archiviazione degli atti a carico del Senatore. Infatti, in relazione alla pretesa e immaginosa candidatura del D’Alì alle elezioni del 1994 nel partito Sicilia Libera, va ribadito che l’unica sollecitazione a candidarsi risulta provenire dal movimento Forza Italia. Quanto alla asserita cessione fittizia dei terreni di contrada Zangara in Castelvetrano – continuano i difensori Pellegrino e Bosco – è stato dimostrato documentalmente e testimonialmente che il trasferimento risulta essere stato vero e reale”.