Arrestati a Campobello altro Bonafede e la moglie. La donna era la ‘Diletta’ di MMD

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Emanuele Bonafede, 50enne nato a Castelvetrano ma campobellese, fratello di Andrea già accusato per favoreggiamento, e la moglie Lorena Ninfa Lanceri, 48 anni, sono stati arrestati con l’accusa di aver favorito la latitanza di Matteo Messina Denaro. Secondo gli inquirenti la donna era molto legata al boss che la chiamava con il nome in codice di Diletta. Per i due è scattata un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal tribunale di Palermo su richiesta della Direzione distrettuale antimafia. La coppia è indagata in concorso per favoreggiamento personale e procurata inosservanza di pena, reati aggravati per avere agevolato Cosa nostra.

Secondo gli inquirenti avrebbero ospitato il boss “in via continuativa e per numerosi giorni” nella loro casa a Campobello di Mazara durante la latitanza. Matteo Messina Denaro andava spesso a pranzo e a cena nell’appartamento dei due. Entrava e usciva da quella casa del tutto indisturbato grazie ai controlli che i due svolgevano per scongiurare la presenza in zona delle forze dell’ordine. I coniugi – secondo i pm – avrebbero dunque fornito al boss «una prolungata assistenza finalizzata al soddisfacimento delle sue esigenze personali e al mantenimento dello stato di latitanza». Lorena Lanceri, inoltre, secondo gli inquirenti, era inserita nel circuito di comunicazioni che ha consentito all’ex latitante di mantenere contatti con alcune persone a lui particolarmente care. Oltre a essere nipote del boss di Campobello, Emanuele Bonafede è fratello di Andrea, arrestato nelle scorse settimane con l’accusa di aver fatto avere al capomafia le prescrizioni sanitarie compilate dal medico Alfonso Tumbarello, finito in carcere per concorso esterno in associazione mafiosa. Ed è cugino dell’altro Andrea Bonafede, il geometra di Campobello di Mazara che ha prestato l’identità a Messina Denaro per consentirgli di sottoporsi alle terapie oncologiche.

Dalle indagini emerge chiaramente che Messina Denaro è stato costantemente supportato da più persone durante la latitanza. Persone «che, secondo i pm, gli hanno consentito di spostarsi in relativa sicurezza sul territorio, anche avvalendosi di più autovetture, di accedere sotto mentite spoglie alle indispensabili cure del Servizio sanitario nazionale». I carabinieri del Ros hanno trovato numerosi riscontri del rapporto tra il boss e la Lanceri. A incastrare i due, tra l’altro, una foto che ritraeva Messina Denaro nel loro salotto con un bicchiere di rum nella mano destra e un sigaro gigante nell’altra. Lo scatto è stato ritrovato nel telefono di Messina Denaro.