‘Anno Zero’, pg chiede conferma condanne. In tutto 143 anni di carcere

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Il procuratore generale della corte d’appello di Palermo ha chiesto la conferma delle condanne inflitte in primo grado ai 14 imputati del procedimento di mafia ‘Anno Zero’, riguardante il territorio belicino, che hanno scelto il rito abbreviato. Nel novembre 2019, a 13 di loro il gup di Palermo Cristina Lo Bue inflisse cin primo grado complessivamente 143 anni di carcere. La pena più severa (19 anni e 4 mesi) per Vincenzo La Cascia, 73 anni, di Campobello di Mazara, mentre appena un anno in meno venne inflitto al suo compaesano Raffaele Urso, sessantaduenne.

Entrambi sono considerati dagli inquirenti due boss di primo livello nell’organigramma di Cosa Nostra belicina, capeggiata dal superlatitante Matteo Messina Denaro. Fra le condanne di primo grado, secondo il procuratore generale da riconfermare in appello, anche i 15 anni per Nicola Accardo, 56 anni, ritenuto il capomafia di Partanna. Per il resto 12 anni a Filippo Dell’Aquila, di 57 anni, e al cinquantunenne partannese Antonino Triolo; 11 anni e 4 mesi ai castelvetranesi Giuseppe Paolo Bongiorno, di 33 anni, e Giuseppe Tilotta, di 59, 11 anni a Calogero Guarino, 52 anni, anche lui di Castelvetrano; 10 anni e 8 mesi al quarantatreenne Leonardo Milazzo, altro castelvetranese; 8 anni e 4 mesi al campobellese Andrea Valenti, di 69 anni; 8 anni al mazarese Angelo Greco, di 52 anni; 3 anni e 4 mesi al quarantanovenne campobellese Mario Tripoli, assolto però dall’accusa di associazione mafiosa, e 2 anni e mezzo al trentaseienne castelvetranese Bartolomeo Tilotta, imputato per favoreggiamento.

Altre 17 persone, coinvolte nella stessa indagine ‘Anno Zero’, conclusa con un vasto blitz il 19 aprile del 2018, sono sotto processo con rito ordinario: tra loro il cognato di Matteo Messina Denaro, Gaspare Como. Secondo l’accusa, l’uomo sarebbe stato designato dal cognato, per un certo periodo, quale “reggente” del mandamento di Castelvetrano. Nell’inchiesta è emerso, tra l’altro, l’interesse del clan anche nel settore delle scommesse online, oltre che il ricorso a estorsione e danneggiamenti. Tra gli imputati c’era anche Rosario Allegra, poi defunto, marito di Giovanna Messina Denaro, sorella del boss super-latitante.