Una vicenda che scosse l’opinione pubblica alcamese. La morte di un bambino di 5 anni, ucciso dalla madre, che si è sempre professata innocente ma che in primo grado è stata condannata a 24 anni dai giudici del tribunale di Trapani. La vicenda è quella di Aminta Altamirano Guerrero, la donna messicana condannata per l’omicidio del figlio Lorenz di 5 anni, trovato morto sul suo letto dell’abitazione della via Amendola di Alcamo il 13 luglio di tre anni fa. I giudici nel primo grado del processo non hanno mai creduto alla versione di Aminta e nella motivazione della sentenza, duecento pagine, emerge una terribile verità come la trama di tante tragedie greche. Secondo i giudici di primo grado Aminta avrebbe deliberatamente ucciso il figlioletto di 5 anni per ritorsione nei confronti dell’ alcamese Enzo Renda, reo secondo l’ex compagna, di avere intrecciato una relazione con una donna tedesca, mentre si trovava in Germania dove era andato a lavorare come pizzaiolo. Aminta Altamirano Guerrero conobbe il pizzaiolo in Messico e precisamente nella città di Puebla di Zaragoza, dove abitava con la famiglia. Dalla loro relazione nacque nel 2009 il bambino. Ma i rapporti tra i due si deteriorarono non appena la coppia fece ritorno ad Alcamo. E gli stessi genitori del Renda, come emerse durante le udienze in tribunale, non avrebbero mai accettato la relazione del figlio. Aminta e Lorenz si trovarono in grosse difficoltà. Venivano aiutati dalla Caritas e da alcuni vicini. Secondo il pm, che aveva chiesto l’ergastolo, è stata la madre a somministrare il contenuto del flaconcino di Laroxy, un farmaco antidepressivo, che provocò la morte del bambino. Tesi contestata dagli avvocati Saro Lauria e Caterina Gruppuso per i quali non c’è stata alcuna responsabilità di Aminta per la morte del figlio e tenteranno di dimostrarlo in appello anche con una memoria di cento pagine. La difesa punta principalmente sul fatto che dalle perizie risulterebbero impronte di Lorenz sul flaconcino e quindi avrebbe assunto spontaneamente il farmaco, che veniva usato dalla madre. In diverse occasioni il papà di Aminta è venuto dal Messico per stare vicino alla figlia, che ha trascorso lunghi periodi nelle carceri palermitane di Pagliarelli. Il processo in Corte d’assise d’appello di Palermo inizierà il prossimo venti settembre.
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