Sarà intitolata ai magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino l’aula consiliare di Alcamo. Il commissario straordinario Giovanni Arnone ha approvato una determina con la quale si ufficializza la decisione dopo che già nei giorni scorsi era stato espresso dal presidente Giuseppe Scibilia e da tutti i consiglieri questo desiderio. Il commissario ha quindi fatto proprio questo input che assume un forte valore simbolico. In tal senso si era già espressa la I commissione consiliare che aveva espresso parere favorevole all’intitolazione dell’aula. Alcamo rinnova quindi il suo forte legame con i due magistrati dal momento che già a loro è intitolata una piazza alle spalle della principale via Ugo Foscolo e dove si sono svolte diverse manifestazioni incentrate sulla legalità. Falcone e Borsellino sono ritenute le figure principe della lotta alla mafia e non solo in Sicilia ma in Italia e in tutto il mondo. Erano quasi i due magistrati: Falcone classe 1939 e Borsellino classe 1940. Nati e cresciuti a Palermo, si conoscevano sin da piccoli, ma si ritrovarono come colleghi magistrati in quello che fu definito un pool antimafia, un gruppo di poliziotti e giudici che lavoravano insieme per combattere la criminalità organizzata. I risultati c’erano, ma anche i morti: prima delle stragi di Capaci e Via D’Amelio, in cui persero la vita proprio i due magistrati, morirono sotto i colpiti del piombo e del tritolo di Cosa nostra il magistrato Rocco Chinnici, il giornalista Giuseppe Fava, il dirigente della squadra mobile di Palermo Ninni Cassarà. I due giudici sapevano di rischiare la vita, ma andarono avanti. In particolare Falcone aveva trovato una nuova strada nelle indagini: la testimonianza di un mafioso, Tommaso Buscetta, fuggito in America dopo una sanguinosa lotta interna alla mafia. Quasi tutta la sua famiglia era stata sterminata e lui voleva dissociarsi: e scelse il giudice Falcone per raccontare tutto quello che sapeva. Grazie anche alle sue deposizioni furono fatti numerosi arresti, e si raccolsero montagne di prove per istituire un processo, anzi un maxi processo a Palermo, in quel Palazzo di Giustizia che per mesi divenne un’aula bunker con oltre 1.400 imputati alla sbarra. Nel maggio del 1992 morì Falcone in un attentato sull’autostrada all’altezza di Capaci; 57 giorni dopo una carica di tritolo in via D’Amelio uccise anche Borsellino.