40 anni dall’eccidio. Rimbombano le sue parole: “Stessi poteri del prefetto di Forlí”

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“Sono convinto che con un abile e paziente lavoro psicologico si può sottrarre alla mafia il suo potere”. Lo pensava e ci credeva ciecamente Carlo Alberto Dalla Chiesa, il prefetto di ferro, arrivato in Sicilia nei primi anni ’80 dopo avere dato battaglia al terrorismo. Non ha avuto però il tempo di centrare gli obiettivi che si era prefissato arrivando in Sicilia perché la mafia, probabilmente aiutata da qualcuno che gli remava contro, fece fuori Dala Chiesa, assieme alla moglie Emanuela Setti Carraro e all’agente Domenico Russo. Il generale, nei suoi 100 giorni di permanenza a Palermo e prima dell’agguato del 3 settembre 1982 in via Isidoro Carini, era riuscito a percepire il filo conduttore tra tutti gli attentati sia di matrice terroristica che mafiosa, dal quale scaturì anche un nuovo approccio culturale che permise di ottenere fondamentali successi investigativi. Un esempio su tutti le indagini sull’omicidio a Corleone del sindacalista Placido Rizzotto.

L’innovativa visione investigativa di Carlo Alberto Dalla Chiesa, ma soprattutto la sua attenzione nell’educazione dei giovani alla legalità, fanno sì che il generale venga considerato pioniere e icona della lotta alla criminalità organizzata. Per il quarantennale dell’eccidio Palermo è stata al centro di una tre giorni di manifestazioni e commemorazioni. Il ricordo del prefetto di ferro è certamente luminoso e raccontato anche dai suoi due figli illustri Rita e Nando Dalla Chiesa, ma è altrettanto vero che qualcosa nel 1982, in materia di sicurezza, non aveva funzionato. Il generale venne inviato in Sicilia, subito dopo l’omicidio del segretario regionale del PCI Pio La Torre, con la speranza che possa conseguire gli stessi successi ottenuti solo qualche anno prima contro il terrorismo. Il ‘prefetto di ferro’ capì però subito che il suo fosse un incarico destinato a non produrre i risultati sperati. Nel capoluogo isolano si scontra con la mancanza di sostegno da parte dello Stato e con la carenza di una struttura efficiente per contrastare le cosche mafiose. Lapalissiana una sua celebre frase: “Mi mandano in una realtà come Palermo, con gli stessi poteri del prefetto di Forlì”.