San Giuseppe Jato: mafia, sgominato traffico di droga

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All’alba di oggi si sono ritrovati i carabinieri a fermare il loro traffico che da tempo andava avanti. In maniera assolutamente organizzata, con tanto di irrigatori e potatori. Ad essere sgominata un’organizzazione dedita alla coltivazione di droga, in quantità industriale. Il tutto in odor di mafia dal momento che ad essere utilizzata era una vera e propria fattoria messa in piedi da padrini di mafia nel cuore delle campagne tra San Giuseppe Jato e Camporeale. In otto sono finiti in carcere, e tra questi un alcamese, Giovanni battaglia di 28 anni, e persino il cugino del superboss Balduccio Di Maggio, suo omonimo, di 34 anni. Quella scoperta dai carabinieri era una vera e proprio industria della cannabis: ad essere rinvenute qualcosa come 6 mila piante. I militari dell’Arma li hanno seguiti per mesi, effettuando intercettazioni ambientali, da cui è emerso come la mafia fosse a pieno titolo inserita in questo business. E la droga era di primissima qualità, di quella che avrebbe fruttato ingenti guadagni. Secondo i carabinieri i boss si erano appropriati di un fondo coltivato ad uliveto per impiantare la loro fattoria, l’avevano sottratto a un’anziana. Ma tante precauzioni sono servite a poco, perché i carabinieri del nucleo Investigativo del Gruppo di Monreale intercettavano già da tempo i mafiosi imprenditori agricoli. Qualche mese fa, però, i mafiosi hanno capito di essere seguiti, e hanno preferito smantellare la fattoria: le 6 mila piante sono state divise fra tre coltivazioni più piccole. I carabinieri li hanno comunque individuate. E l’ultimo affare dei clan è andato in fumo. Soprattutto perché è stato sequestrato il prodotto finito, 50 chili di marijuana: con questa quantità di droga i boss avrebbero potuto ricavare 50.000 dosi, ognuna da vendere sul mercato a 7-8 euro. I mafiosi individuati fanno parte del supermandamento di Antonino Sciortino, ufficialmente solo un allevatore di Camporeale tornato in libertà nel 2011 dopo aver scontato una condanna per associazione mafiosa. Sciortino era stato designato dai rappresentanti storici del governo di Cosa nostra ancora in carcere: era lui il super saggio incaricato di riformare l’organizzazione mafiosa. Il prescelto lavorò cinque mesi, ridisegnando la struttura delle cosche nella provincia di Palermo, accorpando mandamenti e spostando famiglie. Poi, nel mese di aprile scorso, è stato arrestato dai carabinieri. Con lui, altre 37 persone. Adesso, finisce in carcere il resto del clan.

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