Pirateria audiovisiva, marsalese il referente in provincia di Trapani. ‘Gotha’, giro vertiginoso di affari

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Era un marsalese di 35 anni il referente per l’intera provincia di Trapani dell’organizzazione che, in tutta Italia, gestiva ben il 70% dello streaming illegale. In altri termini la pratica illecita di potere accedere a canali televisivi e siti a pagamento senza pagare le cifre, talvolta elevate, richieste dai proprietari dei diritti.  Quasi un milione i clienti che pagavano 10 euro al mese per ottenere l’acceso libero a tutti i canali.  L’inchiesta, denominata Gotha e messa a segno dalla polizia postale, sotto il coordinamento della Procura di Catania, rappresenta la più grande operazione contro la pirateria audiovisiva condotta finora in Italia.

Sono 70 le persone indagate, a vario titolo, per associazione per delinquere a carattere transnazionale, truffa, pirateria audiovisiva, trasferimento fraudolento di beni, sostituzione di persona, falsificazione di documenti e ricettazione. Perquisizioni e sequestri sono stati effettuati in diverse parti d’Italia, anche a Marsala e in altri centri del trapanese e del palermitano. Le indagini hanno raggiunto anche Inghilterra, Germania e Tunisia. Proprio all’estero sono stati installati i server attraverso i quali poi venivano illecitamente smistati i segnali delle trasmissioni delle pay tv come Sky, Netflix, Dazn, Amazon Prime e Mediaset.

Un giro d’affari di circa 10 milioni di euro ogni mese, mentre il danno causato alle pay tv ammonta a 30 milioni di euro di mancati introiti al mese. Una vera e propria organizzazione simile, come costruzione e come incarichi, a quelle mafiose. E nelle intercettazioni si capisce che loro erano a conoscenza che la loro fosse un’organizzazione in stile mafioso: “… Ormai siamo una organizzazione…c’è un boss…5 capi decine”, si legge. Come c’è anche una sorta di “propensione” a risolvere le cose con la violenza, ad agire in questo modo nei confronti di chi non si adegua alle direttive dei vertici, con l’indicazione di “tenere un basso profilo” al fine di non esporre a rischi anche gli altri consociati.

Gli appartenenti all’organizzazione, che aveva un’importante ramificazione anche nel trapanese, sfuggivano ai controlli grazie ad identità fittizie, documenti falsi e messaggi crittografati.