Palermo: blitz antimafia, 37 arresti

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Era tornano in libertà dopo avere scontato 12 anni di carcere duro per mafia. Ma quella cella in realtà non lo aveva cambiato. Di questo se ne erano resi conto gli inquirenti tanto che appena scarcerato lo avevano subito fatto pedinare ed intercettare. I riscontri sono arrivati immediatamente: Antonino Sciortino, 51 anni, allevatore di Camporeale, era stato designato direttamente dai superboss del carcere per ricostituire il mandamento mafioso nel triangolo delle bermude di Cosa nostra Partinico-Borgetto-San Giuseppe Jato. Ed effettivamente Sciortino ci ha messo davvero poco per rinserrare le fila, tanto da infiltrarsi sin dentro le pubbliche amministrazioni. Lo aveva fatto a Montelepre, dove aveva intessuto rapporti diretti con il sindaco Giacomo Tinervia, con tanto di mazzette per appalti, e a Giardinello. Tutto documentato dai carabinieri del Gruppo Monreale che all’alba di oggi hanno fatto scattare un blitz con 37 arresti, tra i quali figura proprio Tinervia. Tutto è stato ricostruito in un anno e mezzo pedinando e intercettando proprio Sciortino. Con lui in tanti facevano affari, alcuni di loro avrebbero anche realizzato un omicidio, per far tacere una voce che si ribellava al piano di risanamento criminale della cosca. Le microspie hanno ascoltato uno dei presunti assassini di Giuseppe Billitteri mentre si prepara. Solo qualche ora dopo si è capito a cosa servivano quelle corde. A strangolare un uomo. I carabinieri hanno anche seguito il capomafia di Montelepre, Giuseppe Lombardo, fra gli arrestati del blitz. Lombardo non aveva segreti per i suoi uomini: raccontava tutto, e non immaginava di farlo davanti a una microspia. I boss della provincia di Palermo erano corteggiatissimi dai politici. Emblematico quanto è accaduto a Giardinello: due candidati su tre alla poltrona di sindaco si sono rivolti al capomafia locale, Giuseppe Abbate, per avere il suo sostegno. Naturalmente, il boss si schierò con il più forte, Giovanni Geloso, attuale primo cittadino. Il giorno della sua elezione, il padrino telefonò soddisfatto all’amante. Abbate amava farsi bello con l’amante, e quando andava in giro per il paese lasciava il telefonino acceso. Così da farle sentire i suoi discorsi di rispettato capomafia. Per i carabinieri del Gruppo di Monreale è stata un’occasione unica, così sono state documentate le relazioni inconfessabili di Cosa nostra.