Omicidio Coraci, sentenza definitiva. Fratelli Gatto condannati a trent’anni

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Diventa definitiva la sentenza di condanna a 30 anni di reclusione per due fratelli alcamesi Francesco e Vincenzo Gatto, accusati dell’omicidio di Enrico Coraci avvenuto nella notte del 21 dicembre di cinque anni fa. La Corte di Cassazione, sezione prima, ha respinto, ieri, i ricorsi presentati dagli avvocati Cinzia Pecoraro, che difende Vincenzo Gatto,  e Paolo Paladino, che assiste  Francesco Gatto, confermando la sentenza di appello. In primo grado erano stati condannati all’ergastolo dal gup del tribunale di Trapani. Ai ricorsi si erano anche opposti gli avvocati Antonino Vallone, Sebastiano Dara e Bruno Vivona, che hanno assistito i genitori e la sorella di Enrico Coraci, costituitisi parte civile.

I giudici della Suprema Corte hanno respinto i ricorsi dei due difensori che avevano fondato le loro tesi per cercare di scagionare i Gatto dall’accusa più grave,  sulla inattendibilità del teste chiave:  Claudio Monticciolo, che assistette al delitto, avvenuto nel Villagio regionale, e sull’esclusione dell’aggravante della provocazione. I giudici hanno anche escluso che l’ omicidio sia maturato negli ambienti dell’uso e dello spaccio di sostanze stupefacenti ma che il movente è stato invece una serie di dissapori tra i Gatto e Coraci, frequentatori di locali dove scorrono anche fiumi di alcol e droga. L’omicidio è stato preceduto da una lite scoppiata a suon di pugni e ceffoni davanti ad un locale “Fame Chimica” poi chiuso dai carabinieri, che si trovava in piazza della Repubblica, a circa due chilometri dal luogo dove poi è avvenuto il delitto. Dopo la lite e un nuovo incontro al villagio regionale, per un chiarimento, dove Francesco Gatto si presentò, assieme al fratello Vincenzo, con un fucile a canne mozze, matricola abrasa, risultato rubato a Manduria, provincia di Taranto.

I colpi di arma da fuoco raggiunsero Enrico Coraci, 34 anni, che morì tre giorni dopo il ricovero a Villa Sofia di Palermo. Francesco Gatto durante l’interrogatorio dei carabinieri della compagnia di Alcamo, che condussero le indagini, si difese affermando che i colpi erano partiti accidentalmente. Ma durante colloqui in carcere con i genitori le microspie registrarono i colloqui che Vincenzo ebbe con i genitori pregandoli di dire a Francesco di accollarsi ogni responsabilità. La testimonianza del giovane presente sul luogo del delitto e le intercettazioni sono state determinanti ai fini della pena. Le circostanze che portarono all’omicidio ed il movente sono contenute nelle 150 pagine delle motivazioni della sentenza emessa dalla Corte d’appello di Palermo. “I giudici d’appello nelle motivazioni scrissero “che si è trattato omicidio premeditato scaturito dopo un violento alterco e qualche ceffone nella panineria “La fame chimica”. “Finalmente dopo cinque anni- scrive Alida una delle sorelle di Enrico- abbiamo ottenuto giustizia”.

La famiglia Coraci e in particolare Antonino, papà di Enrico, è molto conosciuta in città e l’omicidio ebbe vasta risonanza nell’opinione pubblica. I fratelli Coraci e ora i figli gestiscono negozi di abbigliamento. Antonino Coraci è conosciuto perché da oltre 30 anni si occupa di sindacato. E’, infatti,  il responsabile della Confcommercio ed Enrico lavorava nel sindacato diretto dal padre. La Cassazione ha anche confermato il pagamento della provvisionale di 400 mila euro  da parte dei Gatto, stabilita nel processo di primo grado, celebrato col rito abbreviato e anche il pagamento delle spese processuali.