Messina Denaro, documenti falsi da Roma. Il boss il 7 luglio avrebbe smentito la pista Alcamo

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“C’erano anche delle tessere, carte di identità vuote. Credo ce ne fossero una ventina. Io ne ho sempre avute a quantità. Tutti i miei documenti vengono da Roma perché a Roma ci sono documenti per chiunque, documenti seri. C’è una strada in cui vanno tutti”. Queste le rivelazioni di Matteo Messina Denaro, in un interrogatorio del 7 luglio scorso in cui il boss, poi deceduto, parlava dei documenti falsi usati durante la sua latitanza smentendo di esserseli procurati attraverso i suoi favoreggiatori trapanesi.

Le indagini sui documenti falsi di Messina Denaro avevano portato anche ad un blitz della DIA, il 31 gennaio del 2023, negli uffici dell’anagrafe del comune di Alcamo. Gli agenti, rimasti negli uffici per alcune ore, acquisirono documenti, certificazioni e fotografie. Al termine del blitz la DIA ha portato via alcune foto e numerosi cartellini di carte d’identità. I cartellini, in pratica, sono quei documenti che rimangono negli archivi dei comuni e che riguardano le carte d’identità emesse.  Uno dei documenti con cui Matteo Messina Denaro era andato in giro per diversi anni, durante la sua latitanza, era proprio una carta d’identità regolare rilasciata dal comune di Alcamo nei primi anni 2000, intestata ovviamente a un’altra persona ma con la fotografia del boss castelvetranese.

Le indagini sui documenti falsi in possesso del capomafia riguardarono anche alcuni furti al comune di Trapani nel 2015 e nel 2018 ma anche sa quello di san Vito Lo Capo e in altri comuni del trapanese. Fra l’altro le carte d’identità che all’epoca vennero rubate nel capoluogo trapanese erano tutte in bianco. Secondo gli investigatori sarebbero state poi compilate con le foto di Messina Denaro e con l’apposizione del timbro originale del comune di Campobello di Mazara. Un procedimento complesso che difficilmente l’ex super-latitante avrebbe potuto realizzare senza le complicità di altri. Il boss, però, nell’interrogatorio del 7 luglio avrebbe smentito tali ipotesi parlando di un non meglio identificato falsario che opera a Roma ed al quale si rivolgono i potenti della criminalità organizzata.