Messina Denaro, documenti contraffatti a Campobello. Si cercano i fiancheggiatori del boss

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“Uno, nessuno, centomila”: è questo il titolo pirandelliano che potremmo prendere in prestito per le diverse identità che, in questi ultimi 30 anni, hanno prestato il fianco a Matteo Messina Denaro. Lo sospettano gli inquirenti che, a distanza di oltre dieci giorni dal suo arresto alla Maddalena di Palermo, proseguono le ricerche nei territori di Castelvetrano e Campobello di Mazara. Ed è proprio all’interno dell’appartamento di vicolo San Vito, uno dei tre impropriamente detti “covi” di Messina Denaro, che sono state rinvenuti dai Ros documenti di identità contraffatti con nomi e dati di persone realmente esistenti insieme a foto tessere.

Lo scambio continuo di generalità di diversi fiancheggiatori, avrebbe quindi favorito la latitanza del capomafia di Cosa Nostra, consentendogli di spostarsi, anche all’estero, in totale segretezza: come quando nel 1994, a detta di collaboratori di giustizia, l’ex primula rossa raggiunse una clinica a Barcellona per sottoporsi ad una operazione all’occhio. Non è ancora chiaro se i documenti ritrovati a Campobello siano stati contraffatti dallo stesso Messina Denaro o se qualcuno glieli abbia forniti precompilati.

Le perquisizioni nella casa del boss hanno condotto, fino ad oggi, ad una serie di ritrovamenti fatti di poster, quadri, libri, palestra in casa, indumenti, oggetti di lusso, gli storico occhiali “Ray Ban” utilizzati in gioventù ed una pistola, calibro 38. Una casa come altre, all’apparenza: forse, un tempo, potrebbe aver nascosto tanto altro, quel tanto che servirebbe per arrivare, finalmente, alla verità.

Diverse sono le piste seguite in queste ultime ore dagli inquirenti per comprendere chi abbia finanziato la lunga latitanza del boss e in che modo. Alcune ipotesi, hanno ricondotto di recente ad un possibile collegamento con le due inchieste condotte dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo: la prima nel 2018 a carico dell’imprenditore Carlo Cattaneo e di Calogero John Luppino, entrambi condannati associazione mafiosa e sottoposti a confisca di beni per milioni di euro.