Espropri, risarcimento dopo 42 anni. Somme appesantite per ritardi del Comune di Alcamo

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925.000 come risarcimento per un esproprio illecito, e 40.000 per spese legali e di giudizio. Denaro pubblico in una quantità che, certamente, sarebbe potuta essere minore qualora il comune di Alcamo avesse cercato la transazione dopo la sentenza di Cassazione emessa nel 2015. Uffici comunali e giunta municipale non sono invece intervenuti e il nuovo conteggio fissato dal giudizio bis della Corte d’Appello ha costretto il comune di Alcamo a pagare l’esosa cifra con un debito fuori bilancio approvato dal consiglio comunale lo scorso mese di luglio e dopo la transazione avviata alcuni mesi prima. La vicenda riguarda la costruzione, d parte dell’ente locale, di una scuola in contrada Canapè. Terreno e progetto che vennero poi ceduto all’ex provincia regionale di Trapani che vi realizzò l’istituto agrario. Tutto prese il via il 18 marzo del 1981.

Tempi elefantiaci di burocrazia e magistratura. Ben 42 anni per sanare qualcosa che, fin dall’inizio, sembrava abbastanza chiara. Quella delibera di approvazione del progetto per la costruzione della scuola, infatti, non conteneva la dichiarazione di pubblica utilità. In altre parole quell’esproprio non si sarebbe potuto fare. Della vicenda se ne accorse uno dei legali dei sette proprietari, l’avvocato Francesco Paolo Ruisi, adesso defunto, che nel 1985 avviò un primo procedimento amministrativo. Il comune di Alcamo, nel frattempo, era andato avanti e il 30 gennaio del 1984 approvò la delibera di autorizzazione al sindaco dell’epoca, Baldassare Renda, ad adottare i provvedimenti necessari per l’occupazione temporanea d’urgenza dei terreni. Il processo civile venne invece avviato nel 1990 e la parola fine, dopo quattro gradi di giudizio, è arrivata più di 32 anni dopo.

Diciotto gli eredi dei proprietari di quelle aree che, secondo i giudici, vennero occupate in maniera illegittima dal comune di Alcamo. A difenderli, per l’ottenimento del risarcimento di danni, gli avvocati Giovanni Ruisi, alcamese e Giovanni Lentini, castelvetranese. Una storia infinita, che forse non rappresenta un record fra i processi-lumaca, culminata pochi mesi fa con la seconda sentenza d’appello, stavolta non impugnata dal comune di Alcamo. D’altro canto la sentenza di Cassazione 21885 del 2015 non lasciava scampo e aveva indicato alla nuova sezione di appello, con tanto di paletti, la strada da seguire. Il debito è così ulteriormente lievitato appesantendo le casse comunali. Di certo ci sono state responsabilità, negli ultimi anni, per non avere avviato la transazione dopo la sentenza del 2015. Sarebbero stati risparmiati, probabilmente, circa 300.000 euro.