Alcamo, maxi confisca ad imprenditore: sigilli all’impero da 40 mln

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Un impero da 40 milioni di euro diventa definitivamente dello Stato. E’ il valore complessivo dei beni che sono stati confiscati all’imprenditore di origini alcamesi Giuseppe Amodeo, 64 anni, e ai suoi più stretti familiari a cui diversi immobili erano stati intestati. L’operazione è stata messa a punto dalla Dia di Trapani che ha notificato il provvedimento a colui il quale viene considerato nella provincia trapanese tra gli operatori più forti nel settore turistico-alberghiero. Il decreto di confisca del patrimonio è stato disposto dalla quinta sezione della Corte d’appello di Palermo. Amodeo da anni ha spostato il centro dei suoi interessi a Castelvetrano, dove gestiva una struttura alberghiera situata lungo la strada che conduce al parco archeologico di Selinunte. Nella seconda metà degli anni novanta lo stesso imprenditore alcamese era rimasto coinvolto in un’indagine che portò alla luce gli intrecci tra mafia ed imprenditoria a Trapani e arrestato insieme ad altri imprenditori. Il 3 luglio 1998 gli venne contestato il reato di concorso in associazione mafiosa, in quanto ritenuto vicino ai mandamenti di Trapani e Alcamo governati da Vincenzo Virga e Antonino Melodia, attualmente detenuti all’ergastolo. Venne fuori secondo l’accusa che addirittura Virga sarebbe stato addirittura socio occulto dello stesso 64enne ed altri imprenditori compiacenti in alcune redditizie attività di speculazione edilizia realizzate nel territorio trapanese. Amodeo patteggiò una pena a un anno e 4 mesi per favoreggiamento reale e personale continuato, con l’aggravante mafiosa. Più di recente è stato definitivamente condannato per truffa ai danni dello Stato e della Comunità europea. Alla luce della riforma del 2008, nel 2013 la Dia di Trapani dispose accertamenti patrimoniali nei confronti di Amodeo per verificare l’origine del suo patrimonio. In sede cautelare nel 2016 il tribunale dispose la confisca di beni per due milioni di euro. Dopo il ricorso della Procura di Palermo, la Corte d’Appello ha riformato il provvedimento di primo grado, ritenendo che la quasi totalità dell’ingente patrimonio accumulato da Amodeo, quindi pari a circa 40 milioni di euro, era correlabile al periodo in cui aveva rapporti con la mafia. A carico dello stesso imprenditore sempre la corte d’Appello ha anche riconosciuto più recenti manifestazioni di pericolosità sociale legate a “condotte truffaldine a consumazione prolungata”, e tra questi l’evasione fiscale e la truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Sono stati confiscati, in tutto o in parte, i compendi aziendali e il capitale sociale delle società Amodeo Costruzioni, Eat e Fly, Dedalo , Cange hotel, Società semplice ac di Impellizzeri Francesca. E ancora: 159 tra terreni e fabbricati, partecipazioni societarie, beni mobili registrati e disponibilità finanziarie.