Alcamo e Castellammare, relazione allarmante della Dia: “Continui incendi intimidatori”

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Ad Alcamo e Castellammare del Golfo si continua ad usare l’intimidazione con il fuoco. Nella provincia di Trapani il ricorso a questo tipo di incursioni criminali resta ancora fortemente radicato nella mentalità delle consorterie mafiose. Lo sostiene il ministro dell’Interno nella relazione appena presentata al Parlamento sull’attività svolta e i risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia nel secondo semestre del 2017. “Nel periodo osservato – si legge – gli atti d’incendio più significativi hanno avuto ad oggetto i territori di Alcamo, di Campobello di Mazara, di Castellammare del Golfo e di Trapani”. Secondo gli uomini della Dia l’incendio continua ad essere la tipologia di “reato spia” di natura più grave: “Tali raid – continua ancora la relazione – sono spesso associabili alla fase punitiva delle vittime che non hanno immediatamente soddisfatto le richieste estorsive, in un primo tempo spesso precedute da atti meno traumatici o simbolici come, a titolo di esempio, il taglio degli pneumatici, di ulivi o alberi da frutto e l’apposizione di colla nelle serrature di esercizi commerciali”. Nel secondo semestre dello scorso anno tantissimi incendi si sono consumati ad Alcamo soprattutto, in danno si incensurati o pregiudicati, liberi professionisti, semplici cittadini lontani da ogni qualsivoglia sospetto ma anche imprenditori. Un incendio su tutti, su cui si sono incentrati solo dei sospetti di possibile dolo, è quello che avvenne il 31 luglio scorso ai danni della piattaforma di rifiuti differenziati gestito da Vincenzo D’Angelo in contrada Virgini. Nella maggior parte dei casi gli autori sono rimasti nascosti nell’ombra, considerate anche le difficoltà logistiche ed investigative in casi come questi, ma ci sono stati anche diversi altri casi risolti dalle forze dell’ordine che però hanno sempre portato a piste lontane dagli ambienti mafiosi o della criminalità in genere. In base sempre a quest’ultima relazione resta tale e quale l’assetto di Cosa nostra per il mandamento di Alcamo che abbraccia, oltre ad Alcamo stessa, anche le famiglie di Castellammare del Golfo e Calatafimi. In buona sostanza proprio questo mandamento è quello tra i più attivi dopo ovviamente Castelvetrano guidato dall’eterno latitante Matteo Messina Denaro. Nel primo semestre proprio il mandamento alcamese veniva definito uno dei più attivi anche grazie alla ricostruzione fatta attraverso l’ultima operazione antimafia portata avanti proprio dalla Dia di Trapani e dalla polizia nell’ambito dell’operazione “Freezer” scattata nel febbraio del 2017: “Testimonia – si legge nella relazione – la pervicace azione criminale dell’organizzazione nella provincia, in questo caso nel mandamento di Alcamo”. A finire in carcere all’epoca persone tra cui il capo della famiglia mafiosa di Alcamo, Ignazio Melodia da tutti conosciuto con il nomignolo di “u dutturi”, che ha svelato tra l’altro, una serie di estorsioni a carico di imprenditori locali, nonché il tentativo di infiltrazione di cosa nostra nel libero svolgimento delle elezioni amministrative in città dello scorso giugno 2016. Non a caso la Dia, nei primi sei mesi dello scorso anno, parlava di Alcamo come una delle aree più pericolose sul piano criminale attraverso la realizzazione di vere e proprie intimidazioni che si nascondevano dietro questi raid incendiari il più delle volte utilizzati come avvertimenti per piegare l’operatore economico al volere di Cosa nostra. In questo modo si spargeva violenza e soprattutto paura in modo da assoggettare al proprio volere il tessuto economico locale, o per le meno quello che maggiormente conta sul piano del fatturato.