Tumori alla tiroide, nuove probabili terapie dall’Università di Palermo

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Arriva dall’università di Palermo l’idea di una nuova terapia per i tumori della tiroide. Lo studio, condotto da un team guidato dal professore Giorgio Stassi del Dipartimento di Discipline Chirurgiche Oncologiche e Stomatologiche dell’Università degli Studi di Palermo, è stato pubblicato sulla rivista scientifica “Nature Communications”. La ricerca, finanziata da AIRC, ha definito gli eventi alla base della tumorigenesi tiroidea e, nello specifico, ha delineato i meccanismi molecolari responsabili dell’insorgenza dei diversi carcinomi tiroidei distinguibili per istologia e decorso clinico. La scoperta è il risultato di una collaborazione multidisciplinare tra l’equipe del professore Stassi e il gruppo di ricerca della professoressa Matilde Todaro e della professoressa Maria Rita Bongiorno del Dipartimento PROMISE – Promozione della Salute, Materno-Infantile, di Medicina Interna e Specialistica di Eccellenza di UniPa.

Hanno inoltre contribuito il team dell’Istituto Oncologico del Mediterraneo di Viagrande, nel catanese, il dottore Aroldo Rizzo dell’Azienda Ospedaliera “Cervello” di Palermo ed i professori Antonino Belfiore e Paolo Vigneri dell’Università degli Studi di Catania. “Il cancro della tiroide rappresenta la patologia neoplastica più comune del sistema endocrino, con una frequenza del 3.8% e un’incidenza prevalente nelle donne tra i 40 e i 60 anni. Le mutazioni genetiche che si accumulano nelle cellule tiroidee danno origine a diversi tipi di tumore tiroideo, tra cui le forme ben differenziate, caratterizzate da una elevata sopravvivenza, e la forma indifferenziata più rara e associata ad una prognosi infausta”, ha detto il professore Stassi, che spiega: “I ricercatori, mediante l’utilizzo di un modello di cellule staminali, hanno ricreato la gerarchia cellulare della ghiandola tiroidea e parallelamente, attraverso un sistema di editing genetico, hanno identificato una piccola sottopopolazione cellulare, che in seguito all’accumulo di mutazioni genetiche è in grado di generare neoformazioni riconducibili alle differenti forme tumorali, inclusi i carcinomi tiroidei indifferenziati più aggressivi”.

Questo modello costituisce un sistema eccellente per studiare l’evoluzione della malattia e per sperimentare l’efficacia di nuovi farmaci. Infatti, ha contribuito a definire nuovi marcatori predittivi per la risposta alle terapie convenzionali e, soprattutto, hanno portato alla luce una potenziale strategia terapeutica per i carcinomi della tiroide. Il progetto di ricerca svela l’origine genetica e cellulare dei tumori alla tiroide e apre le porte a nuove possibilità di terapia. Nell’attesa dei risultati delle sperimentazioni cliniche, questa scoperta rafforza l’opinione, sempre più diffusa, che lo studio dell’evoluzione tumorale rappresenti il futuro della ricerca”.