Trentennale strage di Via D’Amelio, anche polemiche fra politici. La rabbia dei figli di Paolo

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Da quella terribile domenica del 19 luglio del 1992, sono trascorsi trent’anni. Per una data così importante manifestazioni ed eventi sono lievitati ma restano tali e quali i misteri che ruotano su quella Fiat 126 imbottita di tritolo e sui reali mandanti della strage che uccise Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta. La deflagrazione offese buona parte del palazzo in cui viveva la madre del magistrato e i misteri offendono ancora l’intelligenza dei siciliani.  In via Mariano D’Amelio, oltre all’ex procuratore di Marsala, saltarono in aria cinque agenti: Agostino Catalano, Emanuela Loi, prima donna a far parte di una scorta, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.

Ieri è stata anche giornata di polemiche fra parti politiche avverse, tra chi accusa l’altro di fare antimafia per recuperare voti. Non tutti hanno così rispettato la rabbia dei figli di paolo che hanno deciso di non partecipare più ad alcuna commemorazione se prima lo Stato non consegni la verità e faccia ricomparire i documenti scomparsi misteriosamente. Svanita nel nulla anche la famosa agenda rossa in cui Borsellino aveva scritto appunti mutuati da Falcone e raccolti grazie a un nuovo pentito.  I trent’anni trascorsi dalla strage sono stati trent’anni di ricerca della verità e della giustizia. Quattro i processi che si sono tenuti finora e a poco a poco è emerso quello che i giudici hanno definito “il più colossale depistaggio nella storia della Repubblica”, un depistaggio ancora senza responsabili.

Lo ha confermato il 13 luglio scorso, la sentenza con cui il tribunale di Caltanissetta ha assolto uno dei tre poliziotti sotto accusa e salvato dalla condanna gli altri due grazie alla prescrizione del reato: è passato, infatti, troppo tempo dal quel 19 luglio 1992. Proprio in segno di protesta per la sentenza i familiari di Borsellino hanno deciso di disertare le cerimonie ufficiali organizzate come ogni anno per l’anniversario della strage. Tre decenni di tormento per Manfredi, Lucia e Fiammetta, i tre figli di Paolo Borsellino, e della madre Agnese Piraino Leto, nel timore che potesse accadere qualcosa ai ragazzi. Ragazzi che poi sono cresciuti, sono diventati grandi, maturi, più forti e hanno iniziato a riflettere su quello che era accaduto e attraverso le loro parole, le loro riflessioni, le novità che sono uscite dai processi, ci hanno anche dato anche una chiave di lettura sugli ultimi 57 giorni del padre, dalla strage di capaci al 19 luglio, cioè su cosa indagava il padre.