A volte i detenuti del reparto blu, quelli con problemi psichiatrici o psicologici, venivano fatti spogliare, investiti da lanci d’acqua mista a urina e praticata violenza quasi di gruppo, gratuita e inconcepibile. Al carcere di Trapani, in un reparto che era privo di telecamere e che adesso è stato chiuso per carenze igienico-sanitarie, accadeva di tutto. In un caso gli agenti hanno anche preso un detenuto, portato nell’ufficio dell’isolamento e, davanti ad una decina di agenti penitenziari, l’hanno prima denudato e poi schernito per le dimensioni dei genitali. Poi gli hanno fatto percorrere il corridoio della sezione completamente nudo. È questa soltanto una delle tante accuse che la Procura di Trapani ha avanzato nei confronti del gruppo di agenti penitenziari del carcere cittadino, arrestati o sospesi dall’incarico, a cui viene contestato il reato di tortura. Secondo le indagini, nel carcere Pietro Cerulli Trapani non venivano perpetrate solo violenze fisiche ma venivano redatte anche false relazioni di servizio, artatamente utilizzate per calunniare i detenuti e coprire gli abusi. Le indagini hanno portato all’arresto di undici agenti penitenziari di Trapani, Erice, Paceco, Marsala e uno di Napoli e alla sospensione dal servizio di altri quattordici, anche qui tutti ericini e trapanesi, fra cui anche un’agente donna di 50 anni.