Smascherata l’antimafia fasulla, per Pino Maniaci divieto di dimora (INTERCETTAZIONI)

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Altro che antimafia. A Partinico viene giù la maschera in perfetto stile pirandelliano che si era costruito ad arte il fac totum dell’emittente televisiva Tele Jato, Pino Maniaci. Dal quotidiano “La Repubblica” emergono nuove indiscrezioni attorno alla sua losca figura, personaggio da sempre controverso tra la sua reale condotta di vita privata e la sua attività professionale di giornalista. Ora emerge che Maniaci ha avuto imposto dalla Procura il divieto di dimora nelle province di Palermo e Trapani. L’impressione adesso è che per lui sia l’inizio della fine. Quello che emerge dallo stralcio delle intercettazioni pubblicate dal quotidiano è uno spaccato impressionante della reale condotta di Maniaci. Dopo le primissime indiscrezioni sulle indagini nei suoi confronti ora viene fuori un quadro più limpido dei fatti. In primis tutto ruoterebbe attorno ad una presunta amante di Maniaci a cui lo stesso giornalista avrebbe garantito prima un’assunzione attraverso un contratto di solidarietà della durata di tre mesi al Comune di Partinico, con l’intercessione del sindaco Salvo Lo Biundo. Secondo quanto scrive “La Repubblica” il primo cittadino ha confermato tutto ai magistrati che lo hanno interrogato come persona informata dai fatti: “Alla scadenza, non poteva essere rinnovato – ha ammesso il sindaco interrogato dai carabinieri – ma Maniaci diceva che dovevamo farla lavorare a tutti i costi e allora io e alcuni assessori ci siamo autotassati per pagarla”. Quindi la donna sarebbe stata pagata in nero dopo la scadenza del contratto. E tutto questo per evitare, secondo le indagini portate avanti, che Maniaci potesse “stangare” l’amministrazione con servizi giornalistici di denuncia. In questo contesto emergono frasi-shock intercettate dalla viva voce di Maniaci quando era al telefono con l’amante: “Per quella cosa ho parlato, già a posto, stai tranquilla, si fa come dico io e basta. Qua si fa come dico io se ancora tu non l’avevi capito… decido io, non loro… loro devono fare quello che dico io, se no se ne vanno a casa”. Per i magistrati è la prova chiarissima delle “vessazioni” imposte dal giornalista antimafia. “Repubblica” scrive testualmente che nel corso delle intercettazioni Maniaci mostra “delirio di onnipotenza”. All’amante le aveva promesso di volerle fare vincere un concorso all’azienda sanitaria locale di Palermo grazie alle sue solite buone amicizie: “Quello che non hai capito tu è la potenza… tu non hai capito la potenza di Pino Maniaci. Stai tranquilla che il concorso te lo faccio vincere”. “Ormai tutti e dico tutti si cacano se li sputtano in televisione” si sente in un’altra conversazione. Ed emerge in questo stesso contesto che le ultime intimidazioni subite non hanno nulla che fare con la mafia così come invece aveva lasciato intendere, più o meno chiaramente, lo stesso giornalista partinicese. Stiamo parlando dell’incendio dell’auto e dell’uccisione dei suoi due cani custoditi nell’atrio interno al cortile che si affaccia alla sede dell’emittente televisiva. “Repubblica” sostiene sempre che in realtà quei due raid sarebbero stati programmati dal marito della sua amante. Ecco come crolla l’ennesimo mito dell’antimafia, un gigante dai piedi d’argilla: in realtà gran parte della popolazione partinicese sapeva già.