Processo all’ex vescovo di Trapani accusato di peculato, in aula i primi testimoni

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E’ entrato nel vivo con l’udienza di oggi, il processo all’ex vescovo di Trapani Francesco Miccichè, accusato di peculato, rimosso da papa Ratzinger nel 2012 ma mai sospeso a divinis e nemmeno estromesso dall’elenco dei vescovi italiani. L’ex capo della chiesa trapanese, secondo l’accusa, si sarebbe impossessato dei fondi della Diocesi provenienti dall'”8 x mille” versato dai contribuenti con la dichiarazione dei redditi.

I fatti risalgono al 2007: secondo la Procura monsignor Miccichè aveva due conti bancari (uno destinato alla carità, l’altro alle esigenze di culto) da cui avrebbe sottratto le somme. Le verifiche dei pm hanno riscontrato come buona parte di quanto avrebbe dovuto essere attuato con l’8 per mille, così come previsto dai rendiconti ufficiali, non sia mai stato effettuato. In questi due conti correnti tra il 2007 e il 2011, confluirono quasi 5 milioni di euro. I fondi dovevano essere impiegati “per esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi del terzo mondo”.

Soltanto tramite prelievi in contanti allo sportello, l’ex vescovo di Trapani si era appropriato di più di 200.000 euro. All’ex vescovo, nel 2015, vennero anche sequestrati beni artistici del valore di oltre 3 milioni, custoditi in una villa di Monreale. La vicenda del peculato fu l’ultimo atto di un periodo nerissimo per la chiesa trapanese, con sequestri di beni e rinvii a giudizio che riguardarono anche Alcamo, che venne contraddistinto da una lunga serie di scandali che travolsero la Curia. Nel 2012 Micciché, dopo la rimozione da vescovo, a sua volta accusò l’ex braccio destro, il direttore amministrativo della Diocesi, don Ninni Treppiedi, poi nominato arciprete di Alcamo, con una serie di accuse gravi poi rivelatesi infondate.

Padre Treppiedi subì la sospensione a divinis, poi venne reintegrato e attualmente svolge il sacerdozio a Roma. In un primo mento Francesco Miccichè venne accusato dal pm di essersi appropriato indebitamente di oltre 544mila euro, ma i documenti esibiti dai legali dell’ex vescovo durante l’udienza preliminare e l’intervenuta prescrizione stabilita dal gup per i fatti precedenti al 7 ottobre 2017, hanno ridotto l’entità degli ammanchi a 300.00 euro.