Ospedaliero a Mazara e dirigente in un comune lombardo. Arrestati altri fiancheggiatori di Messina Denaro

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Le indagini non hanno mai subito un rallentamento anche dopo la cattura di Matteo Messina Denaro, che ha potuto contare su complicità  connivenze durante la sua trentennale latitanza. Un sostegno da parte di insospettabili per evitare la cattura del boss sanguinario, ai vertici di cosa nostra. Ora è arrivato un nuovo colpo alla rete dei fiancheggiatori. I carabinieri del Ros hanno arrestato per associazione mafiosa l’architetto Massimo Gentile e il tecnico radiologo dell’ospedale di Mazara del Vallo Cosimo Leone e per concorso esterno in associazione mafiosa Leonardo Gulotta. L’inchiesta è stata coordinata dal procuratore di Palermo Maurizio De Lucia, dall’aggiunto Paolo Guido e dai Pm Gianluca De Leo e Piero Padova. Dalla cattura del boss, avvenuta il 16 gennaio del 2023, sono finite in manette 14 persone accusate di aver aiutato il capomafia ricercato. Quattro sono già state condannate. Originario di Campobello di Mazara, il paese in cui Messina Denaro ha trascorso gli ultimi anni di latitanza, Gentile vive a Limbiate, in provincia di Monza, e ricopre un incarico amministrativo al Comune. L’indagato è parente di Salvatore Gentile, killer ergastolano, marito dell’amante storica di Messina Denaro Laura Bonafede.

Secondo gli inquirenti, tra il 2007 e il 2017, l’architetto avrebbe ceduto più volte la sua identità al capomafia ricercato, consentendogli così di acquistare una Fiat 500 e una moto Bmw, di stipulare l’assicurazione sui due mezzi, di compiere operazioni bancarie, «insomma – scrivono i magistrati – di vivere e muoversi nel suo territorio come un cittadino qualunque e con un apparentemente regolare documento di riconoscimento». A Cosimo Leone, cognato di Gentile, i Pm contestano di aver garantito al boss latitante, a novembre del 2020, di fare in sicurezza una Tac al torace e all’addome, di avergli consegnato un cellulare riservato durante il ricovero all’ospedale di Mazara del Vallo, nei giorni in cui il capomafia venne operato di tumore al colon e di avergli fatto recapitare dopo le dimissioni il cd della tac da mostrare agli specialisti che lo avevano in cura. Leone sarebbe stato, dunque, per Messina Denaro «oltre che un indispensabile tramite con l’esterno durante l’intero periodo di degenza, anche un importantissimo punto di riferimento all’interno dell’ospedale», scrivono i magistrati. Gulotta, infine, è accusato di aver messo a disposizione di Messina Denaro, tra il 2007 e il 2017, la propria utenza telefonica per poter ricevere comunicazioni dal rivenditore della Fiat 500 acquistata sotto falso nome e dalle agenzie assicurative presso le quali erano state stipulate le polizze per la macchina e la moto comprate con l’identità di Gentile.  Per Messina Denaro esami medici  effettuati in tempi record. Una visita oncologica rapidissima, ricovero e operazione a soli otto giorni dalla diagnosi di cancro al colon ricevuta a novembre del 2020: Matteo Messina Denaro ha potuto godere di una sanità efficientissima. Una solerzia sospetta, quella riservata al boss che all’epoca usava documenti falsi, su cui si concentrano attualmente gli investigatori.

Ancora oggi, a distanza dì pochi mesi dalla morte di Matteo Messina Denaro, una totale omertà «avvolge come una nebbia fittissima tutto ciò che è esistito intorno alla sua figura, ai suoi contatti, ai suoi spostamenti ed alle relazioni che ha intrecciato nei lunghi anni di clandestinità». È la dura accusa lanciata dalla Procura di Palermo guidata da Maurizio de Lucia che indaga sulla rete di fiancheggiatori del boss.