Marsalese morto per l’amianto presente sul luogo di lavoro, INAIL risarcirà la moglie

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L’INAIL dovrà risarcire i familiari di un operaio mazarese morto per un tumore maligno dopo avere lavorato in un cantiere trapanese in cui era presente amianto. Lo ha stabilito la Corte d’Appello di Palermo ribaltando la decisione di primo grado del tribunale di Marsala. Sarà la vedova dell’operaio a dovere essere risarcita. I giudici hanno infatti stabilito che il mortale mesotelioma epitelioide sarebbe stato causato all’operaio mazarese dall’esposizione alle pericolose fibre di amianto presenti nel cantiere navale di Trapani. La vedova, RS le iniziali,  riceverà una rendita pari a 45 mila euro oltre agli arretrati. Nella sentenza della Corte d’Appello si legge che “il mesotelioma pleurico è un tumore letale quasi nel 100% dei casi, e che è dimostrato svilupparsi nella quasi totalità dei casi secondariamente ad esposizione di asbesto”. A partire da tale sentenza, deriva l’obbligo dell’INAIL a versare l’indennizzo ai familiari della vittima.

L’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto, ha sottolineato la gravità del fatto “perché una vittima non può ottenere il risarcimento subito durante la malattia, nel momento in cui ne avrebbe più bisogno”. Bonanni rileva inoltre che “le malattie da amianto sono ancora sottostimate, ci sono una serie di tumori che sono molto più frequenti rispetto all’entità valutata che la fibra killer ha provocato, soprattutto per gli operatori dei cantieri navali e di altre aziende”. Situazione ancor più grave se si tiene in considerazione che la cantieristica navale, secondo il report dello stesso ente nel VII Rapporto ReNaM, è uno dei settori dove sono registrati maggiori casi di vittime di mesotelioma, specie in Sicilia. Tra le professioni a rischio, c’è anche chi ha lavorato alla manutenzione delle celle frigorifere, tra cui appunto lo stesso operaio mazarese. L’amianto infatti era presente come isolante delle tubazioni di trasporto del gas e nelle guarnizioni. Durante l’udienza d’appello è stato sentito anche un collega del mazarese morto che ha raccontato che “le paratie, le strutture interne dei locali delle navi in cui si svolgeva l’attività del collega defunto, e le condotte dei fluidi in essi esistenti, erano coibentate e rivestite da materiali in amianto”.