Olio, previsto calo del 30%. Costi energia alle stelle nei frantoi, preoccupazione di CIA e FedAgricoltura

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Il 2022 potrebbe essere un anno difficile anche per l’olivicoltura, soprattutto per le regioni del Sud che da sempre detengono il primato per la produzione di olio e olive: Puglia, Calabria, Sicilia e Campania. A lanciare l’allarme sono le stime di Cia-Agricoltori Italiani, che prevedono un calo del 30% della produzione rispetto all’annata precedente. L’olivicoltura è in difficoltà e il suo nemico numero uno – come denunciano gli agronomi – è la siccità. Nonostante l’ulivo sia estremamente resistente alla mancanza di acqua, il cambiamento climatico ha avuto un impatto negativo sul ciclo vitale della pianta. Nel periodo di fioritura (a maggio) e in quello di accrescimento (a luglio), il caldo anomalo e le temperature da record hanno creato delle condizioni sfavorevoli alla produzione di olive.

I frutti secchi dell’ulivo, visibili già da alcuni agricoltori, sarebbero l’immagine simbolo di questo ennesimo effetto dei disastri climatici in Sicilia e nel resto d’Italia. Insomma, secondo gli agronomi, “lo stress idrico disidrata la polpa e ne compromette lo sviluppo, riducendo la formazione dell’olio”. E non c’è solo il clima a danneggiare la produzione e a peggiorare la situazione dell’olivicoltura in Sicilia. Un impatto negativo è arriva anche dalla minaccia della cosiddetta “mosca olearia“. Si tratta di un parassita, particolarmente preoccupante per lo stato di salute degli uliveti che potrebbe entrare in azione in fase di pre-raccolta in autunno e danneggiare la già scarsa) produzione prevista. L’olivicoltura ha quindi bisogno di soluzioni immediate per sopravvivere. Per Cia-Agricoltori Italiani servono in primo luogo invasi e infrastrutture idriche moderne. Il suolo, poi, va gestito in maniera ottimale per contenere le perdite idriche e porre fine al dramma siccità. RE sulla produzione di olio e olive si inserisce anche FedAgricoltura Trapani.

“Il caro energia ha fatto lievitare i costi di produzione dei frantoi oleari e non solo: vi è il serio rischio di trasformare le olive a prezzi più alti rispetto a quelli di mercato”. Questo l’allarme lanciato da Gaspare Ingargiola che è anche presidente provinciale della Confederazione C.I.F.A. Il rincaro generalizzato delle materie prime e dell’energia fino al 250% potrebbe mettere in forte discussione pure i contratti già stipulati con la grande distribuzione. “In questo inquietante scenario i produttori saranno costretti ad adeguare i prezzi, innalzandoli di almeno il 10%. È un rischio –segnala Ingargiola- perché il mercato potrebbe non essere in grado di reggere gli aumenti dei costi di produzione e le aziende sarebbero costrette a tagliare forniture, a produrre meno e pertanto a mettere in cassa integrazione molti lavoratori della filiera.