Morte della partinicese Amatuzzo. Marito di Castelvetrano a processo per omicidio

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Con l’accusa di omicidio pluri-aggravato il Gup del tribunale di Marsala ha rinviato a giudizio il castelvetranese Ernesto Favara accusato di avere ucciso la moglie, la partinicese Maria Amatuzzo. L’ex pescatore di 64 anni dovrà presentarsi alla prima udienza del processo fissata per l’8 gennaio prossimo. Maria Amatuzzo, giovane moglie 29enne di Favara, aveva da poco lasciato il marito, sotto processo anche per maltrattamenti familiari, e venne uccisa a coltellate il 24 dicembre 2022 a Marinella di Selinunte. La vittima, dopo la separazione, era andata a vivere con un altro uomo. Quel giorno, secondo l’accusa, la Amatuzzo sarebbe stata attirata con un pretesto da Favara nella sua abitazione di Marinella quando entrò nel garage venne subito accoltellata. Dall’autopsia emerse poi che i fendenti sarebbero stati 28, inferti in varie parti del corpo.

Ernesto Favara venne arrestato poco dopo il delitto. Furono i carabinieri a fermarlo per strada con in mano il lungo coltello ancora sporco di sangue. Tra le cinque aggravanti contestate dall’accusa, anche i “futili motivi” (gelosia), la premeditazione e la crudeltà, perché dopo avere inferto colpi letali aveva continuato ad accoltellare la vittima. Favara è difeso dagli avvocati Margherita Mariella Barraco e Valentina Blunda, mentre le parti offese (genitori, una sorella e uno zio di Maria Amatuzzo) sono assistite dall’avvocato Vito Daniele Cimotta. Oltre a loro, si sono costituite parti civili pure due associazioni antiviolenza sulle donne (“Casa di Venere” e “Penelope”), rappresentate dai legali Roberta Anselmi e Marilena Messina. Il castelvetranese accusato dell’omicidio è tuttora rinchiuso nel carcere di San Giuliano a Trapani. Nel corso dell’udienza preliminare di ieri il GUP ha respinto le eccezioni sollevate dalla difesa su alcune aggravanti. Rigettata anche la richiesta di perizia psichiatrica. Richieste alle quali si sono opposti sia il pm, Stefania Tredici, che le parti civili. La difesa avrebbe optato per il rito abbreviato, che in caso di condanna, prevede uno sconto di pena di un terzo (verrebbe quindi evitato l’ergastolo) ma alla luce delle pesanti aggravanti, la richiesta è stata giudicata “inammissibile” dal giudice Riccardo Alcamo.