Messina Denaro, tante le connivenze col boss, dentro e fuori le strutture sanitarie

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C’è un passaggio nell’ultima richiesta di arresto per i complici di Matteo Messina Denaro che racconta già lo scenario delle indagini portate avanti dalla procura di Palermo. «Il quadro di connivenze in favore del latitante, fuori e dentro le strutture sanitarie – scrive il pool coordinato dal procuratore Maurizio De Lucia – sta assumendo dimensioni allarmanti e imporrà a quest’ufficio ulteriori approfondimenti». Indagini senza sosta per cercare di smantellare la rete di fiancheggiatori non solo persone note alle forze dell’ordine ma vengono fuori sempre più insospettabili. Alcuni dicono che non sapevano che fosse il boss sanguinario sfuggito alla cattura per 30 anni. Saranno gli approfondimenti delle investigazioni a stabilire se dicono la verità. Purtroppo la storia di cosa nostra insegna che c’è gente alla quale piace stare alla cote del mafioso. E intanto spunta il nome di un ‘oncologo trapanese  nell’ inchiesta sulla rete che ha protetto Matteo Messina Denaro che ha portato a tre arresti, tra cui quello del tecnico radiologo dell’ospedale di Mazara del Vallo Cosimo Leone, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Leone avrebbe fatto fare una tac in tempi record al boss malato di cancro, e gli avrebbe poi consegnato, mentre il boss era ricoverato, il cd di una Tac fatta il 10 novembre del 2020 sotto falsa identità. Il dischetto, poi mostrato all’oncologo, è stato trovato e sequestrato all’interno del covo di Campobello di Mazara dopo la cattura del capomafia.  L’ indiscrezione sull’indagine a carico dell’oncologo trapanese uscì subito dopo l’arresto del boss – e sarebbe dunque tra i medici che incontrarono il latitante. Quello delle cure sanitarie a cui Messina Denaro è stato sottoposto dalla diagnosi del tumore a novembre del 2020 alla cattura avvenuta alla clinica Palermitana dove si sottoponeva alla chemioterapia, è uno dei filoni su cui si concentrano le indagini del Ros e dei Pm palermitani. E Leone sarebbe stato una pedina centrale “nel delicatissimo snodo del percorso terapeutico del latitante, ovvero la prima visita oncologica e l’avvio dell’iter diagnostico-terapeutico”, mostrando “pronta e sicura affidabilità nel fare da sponda alle esigenze del latitante, quale nel caso concreto il ritiro del Cd della Tac e la consegna al latitante” dicono gli inquirenti.