Mafia-Cemento del Golfo, richieste 11 ammissioni di parti civili

0
518

 

La richiesta di costituzione di parti civili ha costretto ieri il gup di Palermo Fabrizio Anfuso a rinviare l’udienza preliminare, al 22 novembre,  per  l’eventuale rinvio a giudizio dei cinque indagati nell’operazione “Cemento del Golfo”, che lo scorso mese di marzo – dicono gli investigatori – avrebbe consentito di smantellare un sistema economico-imprenditoriale riconducibile a Cosa nostra. Sono undici le richieste di costituzione delle parti civili dove figurano varie associazioni come quelle antiracket di Castellammare ed Alcamo, del centro Pio La Torre di Palermo e dello stesso Comune, cioè quello di Castellammare, territorio in cui avrebbero operato presunti appartenenti a cosa nostra. Secondo i carabinieri, che condussero le indagini, i numerosi danneggiamenti ai mezzi e veicoli del settore dell’edilizia e del movimento terra farebbero stati riconducibili alle modalità operative di Cosa Nostra, per imporre la fornitura di calcestruzzo a diversi imprenditori impegnati in lavori privati o in opere pubbliche. Oltre alle 5 misure in carcere vennero altresì notificate 6 informazioni di garanzia nei confronti di altrettanti soggetti responsabili, a vario titolo, di intestazione fittizia di beni e favoreggiamento personale, per tutti con l’aggravante di aver commesso il fatto al fine di agevolare l’attività di Cosa nostra. Le ordinanze di custodia cautelare in carcere scattarono nei confronti di colui il quale già è stato coinvolto in indagini antimafia e che i carabinieri della compagnia di Alcamo, ritengono il capo della famiglia mafiosa di Castellammare, ovvero Mariano Saracino: al custodia cautelare scattò anche Vito Turriciano, Vito e Martino Badalucco, padre e figlio tutti e quattro reclusi e per l’alcamese Vincenzo Artale, che si trova agli arresti domiciliari. Sono accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione aggravata, danneggiamento aggravato, fittizia intestazione aggravata, frode nelle pubbliche forniture e furto. Vincenzo Artale, già componente dell’associazione antiracket e antiusura di Alcamo è accusato di estorsione con l’aggravante del metodo mafioso. Le indagini dei carabinieri di Alcamo e Castellammare, fatte di intercettazioni ambientali e pedinamenti, e poi dalla collaborazione di alcuni imprenditori, sono durate quasi tre anni. L’udienza preliminare è stata fissata per il prossimo 22 novembre per consentire al giudice di stabilire nel frattempo chi ammettere come parte civile.