La strage di Alcamo Marina. Risarcimento danni, al via processo a Palermo

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La costituzione delle parti civili ha caratterizzato la prima udienza, presso il tribunale di Palermo, al quale la moglie e i figli del bottaio partinicese Giovanni Mandalà si sono rivolti per ottenere il risarcimento dei danni, per la morte del congiunto in carcere dove stava scontando la condanna all’ergastolo per la strage nella casermetta di Alcamo Marina. Si sono costituiti l’Avvocatura dello Stato per conto della presidenza del Consiglio dei ministri e per il ministero della Difesa e in particolare contro la citazione diretta all’ Arma dei carabinieri. La famiglia di Giovanni Mandalà, assistita dagli avvocati Saro Lauria, Pardo Cellini e Laura Ancona, ha anche citato due carabinieri, oggi in pensione che avrebbero partecipato alle torture subite da tre, allora giovanissimi, alcamesi, Gaetano Santangelo, Vincenzo Ferrantelli e Giuseppe Gulotta, che stremati e impauriti, confessarono il duplice omicidio, mai commesso come certificano i processi di revisione, avvenuto il 26 gennaio del 1976, nel quale vennero trucidati i carabinieri Carmine Apuzzo e Salvatore Falcetta. La moglie di Mandalà, Maria Timpa e i figli hanno chiesto un risarcimento di 56 milioni di euro. L’avvocatura dello Stato ha chiesto il termine per replicare e i giudici ora fisseranno la data entro la quale dovranno essere depositati i ricorsi contro la richiesta del risarcimento milionario dei danni. Già alla famiglia Mandalà è stata liquidata la somma di 6 milioni e mezzo di euro per l’ingiusta detenzione. Stessa somma per Giuseppe Gulotta, che ha citato, richiesta 66 milioni, la Presidenza del consiglio die ministri, il ministero della Difesa e quello dell’Economia. Il processo è già iniziato davanti ai giudici del tribunale civile di Firenze e Gulotta, oltre ai tre carabinieri che avrebbero partecipato alle torture nella casermetta di Sirignano, ha citato anche la figlia del colonnello Giuseppe Russo, allora tenente, che condusse le indagini assieme allora capitano Carlo Alberto dalla Chiesa, capo dell’antiterrosimo. Entrambi gli ufficiali, per il loro impegno contro cosa nostra, sono stati assassinati dalla mafia. “La citazione della figlia di Russo, che nel 1976 aveva sette anni è un fatto tecnico”, dicono i difensori di Gulotta, che sono gli stessi dei familiari di Mandalà. Anche Gaetano Santangelo e Vincenzo Ferrantelli, che si rifugiarono in Brasile, hanno ottenuto un primo risarcimento di un milione di euro ciascuno per l’ingiusta detenzione. Ne chiedono altri tre per i danni subiti per una lunghissima via crucis. La revisione dei processi, con sentenze passate in giudicato, è stata possibile dopo le rivelazioni dell’ex brigadiere dei carabinieri, Renato Olino che faceva parte della squadra degli investigatori, inviati ad Alcamo, per scoprire esecutori e mandanti di un duplice omicidio, dopo 43 anni, ancora senza risposte, che va ad aggiungersi ai tanti misteri della stagione delle stragi terroristiche in Italia