Fruttivendolo ad Alcamo, già in carcere per maltrattamenti in famiglia. Nuove accuse per usura ed estorsione

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Un altro ordine di custodia cautelare è stato recapitato in carcere al partinicese, ma domiciliato ad Alcamo, Fabio Provenzano, 39 anni, commerciante di frutta e verdura, già condannato a 4 anni e 8 mesi per la morte dei due figli in un incidente stradale provocato dall’azzardo di fare un video in diretta mentre la sua BMW viaggiava a 140 chilometri l’ora.  Il partinicese, attualmente detenuto per maltrattamenti in famiglia, è invece adesso indagato per usura, estorsione e auto riciclaggio. Le sue esose richieste di interessi sarebbero alla base del tentato suicidio di un imprenditore agricolo partinicese di 76 anni. In quella circostanza la tempestività dei soccorsi e il successivo ricovero al Civico di Partinico evitarono la morte dell’anziano.

Le indagini dei carabinieri di Alcamo, avviate nell’immediatezza dei fatti, documentarono che il 76enne versasse in critiche condizioni economiche e che per tale motivo avesse chiesto in prestito a Provenzano 40.000 euro consegnando assegni, in cambio e a garanzia, per un valore complessivo di 79.900 euro. Nel corso dei mesi, però, gli interessi sarebbero lievitati sino a raggiungere il 50% mensile. Così l’imprenditore agricolo partinicese, non riuscendo più ad onorare i debiti, avrebbe tentato, per disperazione, di togliersi la vita.

Le indagini dell’arma hanno anche appurato che Fabio Provenzano, da maggio a dicembre 2022, avesse utilizzato gli assegni in bianco della vittima, per il pagamento delle forniture ortofrutticole. Il G.I.P. del Tribunale di Trapani, oltre alla misura di custodia cautelare in carcere, ha anche disposto il sequestro preventivo della ditta dell’arrestato e della merce in vendita nell’esercizio commerciale di viale Europa, ad Alcamo. La vicenda del luglio del 2019, che vide protagonista Fabio Provenzano, turbò le coscienze. lo stesso partinicese, in quell’incidente, rischiò la vita. Poi, dopo le dimissioni dall’ospedale rischiò invece il linciaggio da parte dell’ex moglie e dei suoi parenti che lo ritennero responsabile della morte dei due bambini, uno di 13 e l’altro di 9 anni.