Guardia di finanza. Pozzi privati, l’ indagine che porta alla “Palude”

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Politici eccellenti. Colletti bianchi. Imprenditori. Liberi professionisti. Dirigenti e impiegati di enti pubblici.  Un vero e proprio club non per varare iniziative di alto profilo sociale e culturale,  ma per alimentare interessi privati. Per ottenere corsie preferenziali nel disbrigo di pratiche e progetti. Per intascare bustarelle per assicurare il buon fine di pratiche accelerando così l’approvazione di progetti e superando così l’ordine cronologico. La burocrazia si rivela spesso la maggiore nemica degli imprenditori che per un lavoro debbono superare ostacoli e magari attendere anche tre anni per vedersi approvato un progetto. Ma se hai santi in paradiso tutto si può risolvere velocemente. E’ questo il quadro che emerge dall’operazione “Palude” della Guardia di finanza di Alcamo. Palude ovvero bacino di raccolta di acque stagnanti dove cresce una flora particolare e dove si trovano tantissimi insetti tra i quali quelli della malaria. Acque stagnanti e fetide in settori della vita pubblica. La ricerca di acqua potabile in una Sicilia che soffre la sete e  tale situazione da sempre è conosciuta dagli alcamesi. E proprio l’acqua ha fatto scoperchiare  il vaso di Pandora che con i suoi venti ha investito trenta persone  tra funzionari pubblici, imprenditori e professionisti, a vario titolo indagate per corruzione, falso materiale ed ideologico. E tornando all’acqua di casa nostra l’indagine è partita dopo la denuncia dell’ex segretario comunale Cristofaro Ricupati, che presentò una denunzia alla Guardia di finanza, nel periodo in cui erano agli sgoccioli i suoi rapporti col Comune di Alcamo per contrasti col sindaco Domenico Surdi, tanto che poi approdò al Comune di Terrasini. Ricupati è un funzionario molto preparato. La sue denuncia fece scattare avvisi di garanzia per abuso nei confronti dello stesso Domenico Surdi, dell’ingegnere capo Anna Parrino e di Piero Girgenti, allora responsabile del servizio idrico. Per tutti e tre c’è stata l’archiviazione poiché non sono emerse responsabilità.  Dalle indagini della Guardia di finanza emerge che il Comune agì correttamente, Scrive la Guardia di finanza: “Le indagini hanno   evidenziato anche il sistema illegale di emungimento dell’acqua dai pozzi privati con la costante destinazione di acqua non potabile al consumo umano (ad esempio, presso un centro dialisi, scuole e bar), situazione di illegalità nella quale è tempestivamente intervenuto il Comune di Alcamo con una specifica regolamentazione delle procedure di attingimento di acqua potabile dal serbatoio comunale, ovvero il “Bottino”. Il Comune di Alcamo, dopo il provvedimento di chiusura dei pozzi privati mise a punto un regolamento e una procedura che ha permesso ai titolari di autobotti di prelevare l’acqua dai serbatoi comunali per rifornire i privati, dietro il pagamento di un canone al Comune”. Oggi la situazione dell’erogazione idrica ad Alcamo è notevolmente migliorata grazie anche alle abbondanti piogge che hanno riempito sorgenti e invasi. La distribuzione avviene ogni tre giorni. Al “Bottino” è notevolmente diminuito il via vai di autobotti, così come il rifornimento con bidoni e altro dai rubinetti posti accanto ai serbatoi comunali. L’autorizzazione all’uso di quattro pozzi privati venne data nel 2002 e la concessione venne rilasciata dal Genio Civile. Ma quella che doveva rappresentare solo un’emergenza, per rifornire di acqua per uso non potabile agli alcamesi, continuò nel tempo con le autobotti private che prelevavano da quattro pozzi per la vendita di quello che venne definito ad Alcamo “l’oro bianco”. Proprio alla vigilia del ferragosto del 2016 la giunta Surdi decise di bloccare i pozzi privati perché le licenze erano scadute da diversi mesi per cui il Genio civile aveva disposto la chiusura. Esplosero le polemiche e la Guardia di finanza avviò un’indagine a seguito delle denunce dell’ex segretario comunale Cristofaro Ricupati, che venne sentito pure  dalla Commissione regionale antimafia. Vennero indagati anche i quattro titolari delle concessioni dei pozzi privati, una delle quali è la cognata del boss mafioso: l’ergastolano Simone Benenati. L’amministrazione comunale, eletta nel giugno del 2016, si è trovata a fronteggiare,  all’indomani del suo insediamento,  l’attingimento di acqua da pozzi privati e del trasporto mediante autobotti. Quando la giunta si insediò le licenze erano scadute e non erano state rinnovate per cui,  a seguito della chiusura dei pozzi da parte del Genio civile di Trapani, la città si trovò in grosse difficoltà, anche a causa delle molte richieste dei cittadini  che nel periodo estivo si trasferiscono ad Alcamo Marina e case di villeggiatura e non sono serviti da rete idrica. “Il sistema sotto l’attenzione della magistratura – dichiarò allora il sindaco Domenico Surdi- non è certo un sistema introdotto da questa amministrazione: funziona così da anni ed è nostro interesse migliorare e regolamentare la materia dell’approvvigionamento idrico”. Ora a conclusione di questa fase dell’indagine  denominata “Palude” e che riguarda il prelievo dell’acqua da pozzi privati la Guardia di finanza scrive che “Il Comune è intervenuto tempestivamente con specifica regolamentazione per il prelievo dell’acqua al Bottino”. L’indagine partita dalla denuncia sul prelievo dai pozzi privati si è poi allargata e che ha potato all’operazione “Palude”.