“Giornata Internazionale della disabilità”, cambiano i termini ma restano i problemi

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Oggi 3 dicembre si celebra in tutto il mondo la “Giornata Internazionale per le Persone con Disabilità”, un appuntamento voluto dall’ONU fin dal 1981 per promuovere una reale cultura dell’inclusione nella nostra società. Circa un miliardo di persone nel pianeta ha una disabilità. Di queste, l’80% vive nei Paesi in via di sviluppo. Inoltre si stima che il 46% degli anziani di età pari o superiore a 60 anni siano persone con disabilità ed è probabile che una donna su cinque sperimenti la disabilità nella sua vita. Oggi 3 dicembre è il giorno di tutti loro, la Giornata Internazionale per le Persone con Disabilità. Da anni si parla di inclusività e di inclusione eppure, nonostante questi due termini siano un imperativo, un miliardo di cittadini nel mondo sono uno dei gruppi più esclusi nella società e uno dei più colpiti in questa crisi pandemica, soprattutto in termini di vittime. Anche in circostanze normali, le persone con disabilità hanno meno probabilità di accedere all’assistenza sanitaria, all’istruzione, al lavoro e a partecipare attivamente nella comunità. Il concetto di disabilità ha subito nel tempo una profonda evoluzione, sia dal punto di vista scientifico che sociale e pure come terminologia.

Costante, nel tempo, l’evoluzione tra i termini handicap e disabilità, che non possono considerarsi sinonimi. E’ cambiata, principalmente, la prospettiva da cui si guarda l’invalidità: mentre prima la minorazione era rapportata alla persona, nel secondo caso si riconduce alle barriere che la circondano. Nel XXI secolo dovrebbe essere superfluo dire che le persone con disabilità devono avere gli stessi diritti e riconoscimenti di qualsiasi altro cittadino. Quello che purtroppo va ancora ricordato è che bisogna contare su queste persone ogni volta che si fa un passo avanti per non lasciarle indietro, soprattutto in fasi di ricostruzione e recupero come quella attuale.