Droga in ceti elevati a Trapani, acquirente fisso anche un notaio. 11 condanne

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Undici condanne e una assoluzione: questo l’esito del processo celebrato ieri   innanzi   al  tribunale trapanese   contro   il   clan   di   spacciatori   che riforniva di droga i salotti della “Trapani bene”. Le indagini erano scaturite nel 2014 dagli agenti della Squadra Mobile di Trapani coordinati dalla Dia di Palermo.

Le   pene   più   alte   sono   state   emesse   nei   confronti   di Massimiliano Voi, condannato a 30 anni di reclusione e Mariano Galia condannato, invece a 21 anni e 4 mesi. Entrambi, per i quali la Procura aveva chiesto, rispettivamente 26 e 24 anni di reclusione, guidavano le redini della banda che organizza viaggi a Palermo, in Campania ed in Calabria per approvvigionarsi di cocaina e hashish per poi rivenderla alla movida trapanese e soddisfare le esigenze dei migliori acquirenti.

Erano sempre loro a scegliere, di volta in volta, il mezzo di trasporto e l’autista. Due   i  canali  di  approvvigionamento:   quello   calabrese   grazie all’intercessione di un soggetto identificato come “Giovanni dei meloni gialli”;   l’altro   palermitano   avveniva,   invece,  attraverso   l’ausilio   del napoletano   Luigi   Parolisi.   Tanti   i   perbenisti   acquirenti  della   Trapani “bene”: tra questi anche un notaio, non indagato che avrebbe per ben  sette  volte   acquistato   droga   dal   sodalizio   fino     all’acquisto   più consistente, nell’agosto del 2014, per un importo di 2.000 euro.

Successivamente, venne arrestata la compagnia del professionista accusata di aver ceduto una dose di hashish ad un minore di 14 anni   e  per   questo   posta ai   domiciliari.  Condannati   anche   altri componenti della banda: Antonino Voi a 11 anni, Annibale Baiata a 22 anni e 2 mesi, Giuseppe Rinaudo a 10 anni, Francesco Paolo Salerno a 4 anni e 8 mesi, Salvatore Damiano a 5 anni e 2 mesi, Crispino Erice a 6 anni, Francesco Fiornino a 3 anni e 3 mesi di reclusione. Condannate con loro,  anche   due   donne,   Giuseppa   Costa  e   Maria   Papa,   a 3 anni e 3 mesi di reclusione. Unico assolto, Dario Mighali perchè “il fatto non costituisce reato”.