‘Delivery della droga’, 23 persone (quasi tutte castellammarese) dal GUP. Udienza 22 luglio

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Delivery della droga a Castellammare del Golfo e nell’hinterland durante il lock-down del 2020. Ventitrè persone, tutte residenti nella cittadina castellammarese, tranne cinque (Borgetto, Trappeto e Palermo), sono state convocate per l’udienza preliminare che si terrà il 22 luglio, alle 9.30, dinanzi al Gup, Caterina Brignone. A chiedere per tutti il rinvio a giudizio, il procuratore Francesca Urbani e il sostituto Eleonora Sciorella. Imputati i castellammaresi Giuseppe e Salvatore Bosco, figli di un noto esponente mafioso detenuto con il 416 bis; Emanuela Di Bartolo, compagna del secondo e il figlio di quest’ultima Davide Calabrò; Massimo Catanzaro, Pietro D’Aguanno, Ivan Ferro, Dario La Puma, Lorenzo Poma, Giuseppe Di Bona, Florin Beni Cucu di origini romene, Angelo Adragna, Sebastiano Domingo, Alberto Amato, Sebastiano Ferrarello,  Mohamed Merghenì di origini tunisine e Salvatore Stabile. Poi ancora Antonino Furco di Borgetto, Antonino Margagliotti di Partinico, Salvatore Ferrara di Trappeto, e i palermitani Marco Sciabica, Gabriele Piazza e Domenico Bellomonte.

L’operazione antidroga venne messa a segno dai carabinieri  il primo marzo scorso. Poi l decisioni del tribunale della libertà alleggerirono le posizioni di alcune delle persone coinvolte mentre altre vennero totalmente scagionate. Sono invece rimasti in carcere Salvatore Bosco, Domenico Bellomonte, Gabriele Piazze e Florin Cucu mentre Emanuela Di Bartolo, il figlio Davide Calabrò, Margagliotti e Ferrara si trovano ai domiciliari. All’udienza preliminare del 22 luglio a Trapani potrebbe partecipare anche un ex vice-sindaco della cittadina del Golfo, vittima di un caso di estorsione e quindi parte offesa, e detenuto a Roma, a Rebibbia, per tutt’altra vicenda.

Le indagini scattarono dopo le preoccupazioni di una donna che denunciò ai carabinieri le cattive frequentazioni del marito in pieno lockdown, indicando anche i nomi dei presunti pusher. L’organizzazione avrebbe gestito, secondo i carabinieri e secondo la procura, un vasto sistema di “delivery” (consegna a domicilio) di marijuana e cocaina, sostanze che venivano acquistate rispettivamente a Partinico e nel quartiere Zen di Palermo. Gli scambi dello stupefacente sarebbero avvenuti vicino alle abitazioni dei presunti spacciatori, presso gli unici esercizi commerciali aperti nel periodo delle più stringenti misure di contenimento della pandemia, nonché nel corso di festini riservati, organizzati in abitazioni private.