Coronavirus, zero malati nel trapanese, ma quanti danni economici?

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Sono 767 i cittadini cinesi residenti nell’ex-provincia di Trapani, secondo i dati ISTAT aggiornati al primo gennaio 2019 — e la maggior parte sono a Marsala, Trapani, Mazara del Vallo e Alcamo. Non una cifra enorme rispetto al numero totale di stranieri che si aggira nel trapanese intorno ai 21,000. Ma se non per numero demografico, sicuramente per intraprendenza, i cinesi occupano una posizione di rilievo nel tessuto economico del territorio, alla guida di aziende affermate nel retail e nella ristorazione.
La fobia e la psicosi attorno al coronavirus, che stanno avendo un effetto negativo sui flussi in entrata di queste aziende, ne stanno avendo uno ancora peggiore su quelli in uscita, ossia sulla possibilità degli imprenditori cinesi di pagare a loro volta fornitori, operatori di trasporto e logistica, proprietari d’immobili e locatori, personale dipendente — ossia tutta gente che cinese non è.
Se la gente, che nel nostro territorio ha deciso di non frequentare più negozi o ristoranti cinesi, cominciasse ad acquistare prodotti e servizi della concorrenza di mercato, il problema sarebbe risolto in quanto l’economia locale si manterrebbe, come livello generale di consumi. Si avrebbe insomma un semplice cambio nella scelta degli esercizi più popolari, ma il livello di capitale in circolo nell’economia non calerebbe.
Questa ipotesi però non appare molto verosimile. I consumatori di prodotti e servizi venduti dai cinesi, infatti, sono generalmente motivati da ragioni di economicità; sarebbe quindi improbabile pensare che ci si rivolga alla concorrenza italiana che offre prezzi notoriamente superiori. Più probabile è invece che si smetta di consumare del tutto. Ecco perché il rischio che l’aggravamento della crisi economica si rifletta su tutti e non solo sui cinesi è presente.
Oltre al danno per l’economia locale, il panico coronavirus potrebbe innescare altri meccanismi degenerativi di carattere sociale, non meno importanti. L’assessore alcamese Fabio Butera invita la cittadinanza a non associare la malattia a discriminazioni di tipo razziali e xenofobe nei confronti di cittadini cinesi nei luoghi pubblici, nei social o anche a scuola tra i bambini.