Confiscati beni per 127 milioni di euro al marsalese Licata. “Pericolosità sociale”

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“La più importante misura di prevenzione patrimoniale di pericolosità fiscale, a livello nazionale, non relativa a beni di mafia”: così è stata definita la confisca dei beni, stimata in 127 milioni di euro, confermata dalla sezione misure di prevenzione della Corte d’appello di Palermo nei confronti dell’imprenditore marsalese, Michele Licata, 59 anni.

Il leader della Sicilia occidentale nel settore alberghiero e della ristorazione, era al centro dell’indagine condotta dalla Guardia di Finanza per evasione fiscale: nella rete del sequestro e poi della confisca vi sono 10 società, 3 imprese individuali e relative aziende tra alberghi, lussuose sale ricevimento, 75 fabbricati, 257 terreni, autoveicoli, conti bancari con depositi di circa 6 milioni di euro, polizze vita del valore di 4,6 milioni di euro e varie partecipazioni societarie.

Dopo il parziale dissequestro disposto nel 2016 in primo grado dal Tribunale e la sospensione della provvisoria esecutività dei beni da parte della Corte d’appello, quest’ultima ha adesso confermato, oltre alla confisca, anche la “pericolosità sociale” di Licata e la conseguente applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale.

L’evasione fiscale contestata al gruppo dell’imprenditore marsalese, in relazione a Iva e tasse non pagate tra il 2006 e il 2013, è stata stimata dalla Procura e dalla Guardia di Finanza in circa 6-7 milioni di euro. In primo grado, Licata era stato condannato dal gup di Marsala, Riccardo Alcamo a 4 anni e 5 mesi di reclusione per evasione fiscale, truffa allo Stato e malversazione.

Successivamente, nel 2020 in secondo grado, con la prescrizione per i reati di truffa allo Stato e l’assoluzione per malversazione, la pena fu rideterminata in 2 anni e 6 mesi. Seguì poi un altro processo lo scorso gennaio, scaturito dallo stesso filone investigativo per il quale venne confermata in appello a Licata la condanna a 5 anni di reclusione emessa dal Tribunale di Trapani nel 2021 con l’accusa di auto – riciclaggio.