Concorso alla Regione. Poche sufficienze e scritti da libro degli orrori

0
111

Mille temi, solo 100 sufficienze nonostante a scriverli fosse una platea di 250 laureati con almeno 105 su 110. È il risultato shock del concorso per assumere all’Ars 11 consiglieri parlamentari. Solo un elaborato su 10 ha raggiunto la soglia del 18, mentre la media dei voti dei 15 che hanno superato gli orali – appena il 6 per cento dei candidati – è di 21 su 30.

Stando ai risultati, pochissimi sono risultati in grado di produrre un lavoro scritto che fosse leggibile e quindi  accettabile. Possibile che la formazione universitaria, anche la più qualificata, non sia in grado di garantire la capacità di scrivere in modo dignitoso e accettabile? Ci si chiede.

Dove avviene il corto circuito? Ci si laurea con 110 e lode e non si è in grado di elaborare un tema che possa raggiungere il 18 nelle stesse materie? E allora che laureati sfornano le università siciliane? Il concorso – che si è svolto nel 2019 – era destinato agli under 40 che avessero ottenuto un titolo magistrale in Giurisprudenza, Scienze Politiche, Economia o Statistica. Le prove erano scritte – quattro temi di diritto amministrativo e costituzionale, storia e contabilità degli enti locali – e orali. Nella commissione, presieduta da Gianfranco Micciché, quattro docenti universitari, un consigliere parlamentare del Senato e il segretario generale dell’Ars che hanno letto e valutato mille elaborati.

Aldo Schiavello, direttore del dipartimento di Giurisprudenza, conosce bene il problema. Valutando gli aspiranti avvocati alle prove di abilitazione, gli è capitato persino di imbattersi in un perché scritto con la x. Da  anni la qualità didattica è in picchiata. Non studiare la grammatica. Non leggere ma infossarsi con i telefonini provoca un degrado culturale sempre maggiore. Il problema, a sentire un preside di liceo classico Umberto Vito Lo Scrudato, è che “i primi cicli scolastici non selezionano.

Le medie- dice il dirigente che ha una cattedra a Scienze della Formazione – sono figlie di una visione ideologica della scuola che non punta sulle attitudini ma su un modello appiattito che non permette ai talenti di emergere e sforna alunni impreparati”.  Una scuola da rifondare dove emergono poche intelligenze.