Castelvetrano-Arrestati fiancheggiatori Messina Denaro, fermata guerra di mafia

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Una guerra di mafia in atto che aveva già cominciato a spargere il suo sangue nel quadrilatero Castelvetrano, Mazara del Vallo, Campobello di Mazara e Partanna. Lo hanno accertato Dia, carabinieri e polizia che all’alba di oggi hanno sgominato la stretta cerchia di fiancheggiatori del boss latitante Matteo Messina Denaro: in tutto 22 componenti tutti destinatari di misure cautelari nell’ambito dell’operazione “Anno zero”.

Per loro le accuse sono a vario titolo di associazione mafiosa, estorsione, danneggiamento, detenzione di armi e intestazione fittizia di beni, reati aggravati dalle modalità mafiose. Il vincolo mafioso finisce col coincidere con quello familiare. Le indagini nel tempo hanno individuato al vertice delle cosche il cognato del capomafia Filippo Guttadauro, poi il fratello Salvatore Messina Denaro, quindi il cognato Vincenzo Panicola e il cugino Giovanni Filardo.

Ancora il cugino acquisito Lorenzo Cimarosa, che si è poi pentito. Infine la sorella Patrizia Messina Denaro e i nipoti Francesco Guttadauro e Luca Bellomo. Oggi si conferma ancora una volta la scelta “familistica” del boss. Tra i fermati ci sono i due cognati del boss Gaspare Como e Saro Allegra, i mariti di Bice e Giovanna Messina Denaro. Dalle indagini emerge che Como e Allegra hanno retto le  fila della complessa macchina organizzativa attorno al latitante.

In particolare Allegra si sarebbe occupato della parte finanziaria, facendo da tramite con un insospettabile imprenditore trapanese impegnato nel settore delle scommesse on line. Si tratta di Carlo Cattaneo, anche lui è stato arrestato, con l’accusa di aver recapitato pacchi di soldi alla cosca di Castelvetrano. Gli inquirenti sono a questo punto convinti che si è fatto un ulteriore passo avanti verso l’arresto del boss dei boss su cui da tempo vengono fatte le più disparate considerazioni: dopo questa operazione però l’impressione è che Messina Denaro possa essere fuori dalla Sicilia, durante le intercettazioni alcuni dei fermati dicono che potrebbe essere in Calabria e che solo saltuariamente si fa vedere in Sicilia e nella sua provincia trapanese.

Questo potrebbe proprio essere uno dei motivi per cui era praticamente già esplosa una guerra di mafia. Infatti l’omicidio di Giuseppe Marcianò, genero del boss di Mazara del Vallo Pino Burzotta ed esponente della famiglia di Campobello di Mazara, avvenuto proprio nella cittadina campobellese il 6 luglio scorso, si inserisce proprio in questo contesto. L’uomo in pratica non si era allineato ai voleri della famiglia mafiosa castelvetranese e avrebbe portato avanti i suoi affari autonomamente, tanto da addirittura lamentarsi di Messina Denaro e delle loro loiche spartitorie.

Sempre le intercettazioni hanno rivelato l’esistenza di accese interlocuzioni in seno al mandamento di Castelvetrano tra esponenti della famiglia di Campobello e Castelvetrano sulla spartizione di proventi illeciti,  per dirimere le quali vi fu la forte presa di posizione di Gaspare Como forte dell’investitura ricevuta dal cognato Matteo Messina Denaro per la risoluzione di ogni controversia sul territorio.

Agghiaccianti alcune intercettazioni captate dagli investigatori: in una di queste si sente uno dei 22 fermati in questa operazione che avalla la scelta di sciogliere nell’acido il piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio del pentito Santino, prima rapito e tenuto sotto sequestro per 779 giorni, ucciso e sciolto nell’acido per indurre il padre a ritrattare.