Calatafimi: corruzione, sindaco in manette

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E’ una Calatafimi sotto shock quella che si è risvegliata questa mattina, dopo avere udito per tutta la notte le sirene dei carabinieri: mai si sarebbero immaginati che quelle pattuglie erano indirizzate verso la casa del sindaco, Nicolò Ferrara, 57 anni. Dall’alba di oggi il primo cittadino, che al momento tra l’altro ricopre anche il ruolo di presidente del Consorzio di sviluppo e legalità trapanese che gestisce fondi per progetti incentrati sulla legalità, è agli arresti domiciliari con l’accusa di corruzione. Da tempo nei suoi confronti era scattata un’indagine della Procura di Trapani per avere intascato una mazzetta da 3 mila euro: in pratica i soldi sarebbero finiti nelle sue tasche per favorire un imprenditore del suo paese, Francesco Fontana, nell’aggiudicazione di un’asta per la vendita di automezzi comunali da dismettere. Nel corso della stessa operazione sono stati arrestati due imprenditori palermitani, Ettore ed Enrico Crisafulli, padre e figlio, di 69 e 34 anni, per intestazione fittizia di beni. Sono stati anche notificati 8 avvisi di garanzia e perquisizioni sono state compiute a Calatafimi, Palermo, Salaparuta e Roma. Ferrara è accusato dei reati di corruzione, falsità ideologica e turbativa d’asta. Già da questa mattina, però, Ferrara si può non considerare più tecnicamente sindaco del paese.

Ferrara dopo mesi di indagine sul suo conto, e dopo essere stato messo sotto interrogatorio serrato dalla magistratura, alla fine è crollato ed ha confessato. In realtà avrebbe ammesso sin da subito di aver preso quei soldi: dapprima si è giustificato dicendo di averli usati per far beneficienza, poi, cambiando versione, di averli spesi per saldare propri debiti. Il gip Lucia Fontana ha però ugualmente deciso la misura cautelare pur dinanzi all’ammissione del fatto, in quanto Ferrara nonostante le gravi accuse non si è dimesso da sindaco. Ad ammettere la corruzione anche l’imprenditore Francesco Fontana che ha sostenuto di avere pagato i 3 mila euro. L’inchiesta è suffragata dalle intercettazioni telefoniche che inchiodano imprenditori e sindaco. Fontana avrebbe detto al telefono che altre aste pubbliche sarebbero state pilotate. A dare l’avvio la denuncia di un dipendente dell’impresa Simaco, che aveva ottenuto un appalto per la urbanizzazione della zona artigianale Sasi a Calatafimi. Alcuni, che si sono presentati come mandati dal Comune, hanno chiesto l’assunzione. Le intercettazioni hanno svelato un allegro sistema di gestione della cosa pubblica con il sindaco Ferrara che al telefono dava ordini per scrivere e disfare delibere e determine. Ma a mettere un punto è stato il dirigente dell’ufficio tecnico Stefano Bonaiuto che appena insediato ha cambiato assetto e gestione dell’Utc

Gli imprenditori palermitani Ettore ed Enrico Crisafulli, titolari della Simaco, sono indagati per intestazione fittizia di beni. Ettore Crisafulli fu negli anni Novanta collaboratore di giustizia (indagato per mafia) e per un periodo rese dichiarazioni assieme ad Angelo Siino, poi fu estromesso dal programma di protezione per avere commesso truffe e bancarotta. A tradire l’intestazione fittizia di beni anche un mail del figlio, Enrico, finita “per colpa di un virus” nella posta elettronica di un poliziotto della mobile di Trapani. In questa mail veniva ammesso candidamente tutto il sistema illecito, o quasi.

 

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