Alcamo-Piccolo teatro, quel “Cappello di carta” pieno di amore e speranza

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“Il cappello di carta” veniva realizzato con fogli di giornali e fungeva da copricapo soprattutto per muratori e imbianchini. Operai precari abituati al duro lavoro per cercare di garantire un pasto, e spesso no ogni giorno, ai più stretti congiunti. Se a tale contesto si aggiungono i disagi, i drammi, le difficoltà, le tragedie provocate dalla guerra, che mettono a dura prova i rapporti tra famigliari che vivono tutti in una modesta abitazione, viene fuori un quadro dove la diversità dei caratteri formano tanti tasselli di un mosaico che compongono un affresco fatto di solidarietà e d’amore. Una tragicommedia quella di ieri sera al teatro Cielo, che ha riscosso unanimi consensi, dal titolo “Il cappello di carta”, che da tanti spunti di riflessione. La vicenda è ambientata nell’estate del 1943 a Roma, la Città eterna che il 19 luglio del 1943 subì un violento bombardamento che fece oltre 3 mila morti e 11 mila feriti. Raso al suolo il quartiere San Lorenzo. E tra difficoltà e bombe vive questa famiglia, come tante altre, impegnata nella quotidiana lotta per la sopravvivenza. Nonno, padre, madre, figli, cognata e poi arriva anche un giovane genero. Si dibattono tra mille difficoltà. Ma si vogliono tutti bene ed hanno nel nonno, interpretato da un bravissimo Vittorio Troia, uno dei principali punti di riferimento, anche perché debbono fare i conti con le sue stravaganze provocate dall’età. Vittorio, ottima la sua performance, con le sue improvvise battute stempera la tensione degli spettatori che seguono con attenzione le vicissitudini di questa famiglia. La tragicommedia, magistralmente diretta da Nato Stabile, affronta temi che la memoria deve salvaguardare affinché siano di monito ad una società sempre alle prese con violenze e guerre come se la storia non avesse insegnato niente. Vittorio Troia,   Mariella Stellino puntuale e brava, Claudia Lentini un bel ritorno sul palcoscenico e Chiara Calandrino, una conferma delle sue qualità, sono il perno attorno al quale ruota la vicenda che vede tra i  protagonisti Pietro Ganci, mentre buoni segnali di crescita nella recitazione arrivano da Carlo Suppa e Ninni Nicodemo. La tragicomedia, autore Gianni Clementi, è uno spaccato di una realtà drammatica. Di sogni perduti perché naufragati a causa delle scelleratezze di fascisti e nazisti anche se affidarsi ai sogni diventa l’occasione per sperare in un futuro migliore, mentre scorrono le colonne sonore. Così in sottofondo le canzoni del Trio Lescano o di Gilberto Mazzi con il suo famoso singolo del 1939 “Mille lire al mese”, che proiettano nelle atmosfere degli anni bui del fascismo. Ma alla ilarità che suscitano gli interventi di Vittorio Troia lo sfondo reale  è quello delle persecuzioni e retate dei nazisti contro gli ebrei, della lotta quotidiana per la sopravvivenza. E qui entra in scena, verso la fine,  il monologo, ottimamente recitato  da Chiara Calandrino, testimone di una spietata retata dei nazisti contro gli ebrei, avviati verso la morte. E la struggente preghiera di Claudia Lentini. Ma dalla morte come insegna la Crocefissione di Gesù arriva la Resurrezione. Chiara e la madre, seguono le tracce di un biglietto e sotto un  lavandino trovano un neonato figlio di ebrei. Come un Gesù Bambino nato in una mangiatoia. Lo adottano pur consapevoli dei rischi. E’ il momento della catarsi. Il momento in cui si esce dalla tragedia e si guarda con ottimismo al futuro grazie ad una vita appena sbocciata. Questo e tanto altro insegna “Il cappello di carta”. Meritati i tantissimi sinceri e lunghi applausi per una rappresentazione che ha emozionato e commosso. Complimenti agli attori e a tutto lo staff del Piccolo teatro. La tragicommedia sarà replicata questa sera alle 21 e domani domenica alle 18. Da non perdere.