Alcamo-“Cemento del Golfo”, beni per 5 milioni sequestrati all’imprenditore Artale

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Dopo l’arresto ecco arrivare quasi in tempo reale anche il sequestro dei beni. Il provvedimento riguarda l’imprenditore alcamese Vincenzo Artale ed è stato emesso  dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo, coordinata dal procuratore aggiunto Teresa Maria Principato. Tra i beni sequestrati due abitazioni, due terreni, rapporti finanziari, quattro veicoli, la ditta edile intestata all’indagato con sede ad Alcamo e altre 3 società. Tra queste vi sono la “Occidentalcem S.r.l.”e la “IN.CA. S.a.s. di Artale Vincenzo & C.” entrambe produttrici di calcestruzzo e ora gestite da un amministratore giudiziario. A procedere al sequestro è stata la Guardia di finanza. Secondo gli investigatori  la “IN.CA. S.a.s. di Artale Vincenzo & C.” avrebbe assunto, grazie al sostegno della famiglia mafiosa di Castellammare del Golfo guidata dal boss Mariano Saracino, una posizione di sostanziale monopolio. La ditta forniva cemento alle aziende edili operanti nel Trapanese. Artale avrebbe imposto agli altri imprenditori l’acquisto di calcestruzzo prodotto dalla società. Il sequestro nasce dalle indagini patrimoniali eseguite dal nucleo della Guardia di finanzia del Gico di Palermo in collaborazione con le investigazioni dei carabinieri di Alcamo, che hanno avviato le indagini del 2013, con l’arresto nei giorni scorsi di Vincenzo Artale e altri quattro castellammaresi durante operazione “Cemento del Golfo”. Dicono le Fiamme gialle che “Gli accertamenti patrimoniali  hanno fatto emergere la consistente sproporzione del valore dei beni posseduti rispetto ai redditi dichiarati negli anni dall’indagato e dalla sua famiglia”. L’ammontare dei beni sequestrati ammonta a cinque milioni di euro. Dopo l’arresto una nuova tegola si abbatte su Vincenzo Artale e la sua consistenza patrimoniale non ha mancato di suscitare stupore e meraviglia in città. Artale e Saracino, interrogati dal gip al carcere di Pagliarelli avrebbero respinto le accuse, formulate a seguito delle indagini dei carabinieri della compagnia di Alcamo, diretta dal capitano Savino Capodivento, che hanno dato vita all’operazione “Cemento del Golfo” che ha portato all’esecuzione di cinque ordinanze di custodia cautelare e all’emissione di sei avvisi di garanzia. Il sequestro nei confronti di Artale confermerebbe il doppio volto dell’imprenditore, che nasce come autotrasportatore. Ovvero da un lato il presunto impegno nell’Antiracket dall’altro la sua “messa a disposizione” dei boss. Ovvero il presunto vero ruolo emerso durante le intercettazioni dei carabinieri di Alcamo. Artale è già stato espulso dall’Associazione antiracket, ricostituitasi un anno fa ed il suo presidente Vincenzo Lucchese ha dichiarato che si costituirà parte civile. Artale otto anni fa denunciò esponenti di cosa nostra alcamese che sfociarono nell’operazione “Cemento libero” dei carabinieri e “Abele” della polizia. Confermò le accuse durante i processi e per questo suo impegno subì attentati incendiari. Venne risarcito dallo Stato con 200 mila euro per realizzare un impianto di calcestruzzo in contrada Sasi. Un atteggiamento coraggioso, ma oggi si scopre un’altra amara verità.