‘Acqua e zucchero”, ritorno di fiamma. Sventata truffa da 8 milioni

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Tra gli anni ’70 e ’80 aveva rappresentato, fra Alcamo e Partinico, una delle più fiorenti attività economiche illecite. Indagini a tappeto e arresti per il cosiddetto “acqua e zucchero”, con enorme cassa di risonanza su tutte le testate giornalistiche, anche quelle internazionali. Adesso il vizietto del vino adulterato è ritornato di moda a Partinico dove un’organizzazione, capeggiata dal pluripregiudicato partinicese Ottavio Lo Cricchio, 56 anni, fra il 2018 e il 2020 aveva prodotto vino fasullo per un giro d’affari di ben 8 milioni di euro.

Le indagini, portate avanti dalla Guardia di Finanza del Comando Provinciale di Palermo e della Tenenza di Partinico, in collaborazione con l’Ispettorato Repressione Frodi del Ministero, hanno prodotto i decreti di sequestro, emessi dai magistrati Demontis e Amico, di un laboratorio clandestino e di uno stabilimento enologico, entrambi nel partinicese, 250 quintali di zucchero solido, 300 ettolitri di zucchero già disciolto in acqua nonché di oltre 37 mila ettolitri di vini e mosti recanti indicazioni geografiche o denominazioni di origine contraffatti nonché sofisticati con acqua e zucchero.

Sono ancora in corso perquisizioni e sequestri su tutto il territorio nazionale per rintracciare e bloccare le partite di vino contraffatto già distribuite dai 5 responsabili dell’attività illecita, che rispondono tutti di contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari, di frode nell’esercizio del commercio e vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine. In particolare, le attività investigative dei finanzieri hanno permesso di accertare che alcune aziende imprese vinicole con sede a Partinico (San Domenico Vini, cantina sociale Terre del Sud, cantina PrimeLuci, e Lariana Wine Trading), tutte riconducibili ad un al pluripregiudicato Lo Cricchio, avessero allestito escamotage contabili, grazie all’ausilio di altre società consorelle costituite ad hoc e di “cartiere”, annotando false introduzioni di mosti, uve e vini. Un modo per creare il presupposto di apparente legalità nel rapporto fra uve e mosti acquisiti e vino prodotto e commercializzato.

Lo zucchero di barbabietola e quello di canna – acquistati in nero da aziende con sede in Campania – venivano accolti in un vero e proprio laboratorio clandestino, gestito da Giovanni Groppuso, partinicese di 66 anni, anche lui con precedenti di polizia. Qui veniva effettuata la miscelazione fra gli zuccheri e l’acqua per ottenere un composto liquido strumentale alla preparazione di falsi vini e mosti. Grazie alle videoriprese presso il laboratorio clandestino effettuate dalle Fiamme Gialle di Partinico ed alla parallela attività di analisi documentale, è stato possibile accertare che, tra il 2018 e il 2020, sono stati venduti dalle 4 imprese vitivinicole coinvolte oltre 90 mila ettolitri di prodotto vinoso a cantine vitivinicole e acetifici dislocati sul territorio nazionale, estranei comunque alla frode, per un giro d’affari di oltre 8 milioni di euro.