Ha chiesto l’aiuto della criminologa Katia Sartori per ricostruire i complessi eventi che videro protagonista il marito, Antonio Vaccarino, ex sindaco di Castelvetrano. Secondo gli inquirenti l’uomo, per conto del Sisde era entrato in contatto, tramite alcune lettere, con Matteo Messina Denaro. Una calligrafia identica quella riscontrata nelle migliaia di pizzini ritrovati nel covo di via “Cb31” a Campobello di Mazara e all’interno dell’abitazione di Rosalia, sorella del boss.
Secondo un primo esame, infatti, le lettere tra l’ex latitante di Castelvetrano e la sorella presentavano la stessa calligrafia di quelle inviate a Vaccarino. Circostanza questa che condusse gli inquirenti a pensare che tra due, indicati nei foglietti con gli pseudonimi di “Svetonio” (nome in codice di Vaccarino) e “Alessio” (nome utilizzato da Messina Denaro), esistesse da tempo una corrispondenza epistolare. Oggi, la moglie dell’ex sindaco di Castelvetrano ha chiesto una seconda perizia calligrafica per fare luce su quello che, secondo lei, ha costituito per troppo tempo un grosso depistaggio.
Sulla vicenda, si era espresso anche il programma televisivo “Report” secondo il quale le lettere tra Svetonio e Alessio, non sarebbero servite per la cattura del boss, ma per rafforzare la sua immagine. Il primo pizzino, contenente entrambi gli pseudonimi, era stato trovato nel 2004 a seguito dell’incontro tra l’ex sindaco castelvetranese, originario di Corleone, e Salvatore Messina Denaro, fratello dell’ex latitante, avvenuto nello studio del dottor Tumbarello.
Dopo l’arresto di Bernardo Provenzano nel 2006, nel suo covo vennero trovati altri pizzini di Messina Denaro nei quali si faceva riferimento a Vaccarino che, per tale ragione, venne dapprima indagato e poi scagionato dalle accuse grazie all’intervento del Sisde. “Non è possibile continuare ad infangare il nome di Vaccarino – hanno dichiarato i legali Baldassare Lauria e Giovanna Angelo – soltanto una nuova perizia calligrafica potrà chiarire gli eventi che lo videro protagonista”.
