Strage Casermetta, Morra: “Ci sono gli elementi. Magistratura potrebbe riaprire caso dopo 46 anni”

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NICOLA MORRA PRESIDENTE COMMISSIONE ANTIMAFIA

‘Ci sono gli elementi. La magistratura potrebbe riaprire il caso e la prossima commissione parlamentare di inchiesta, potrebbe ragionare su dinamiche che hanno generato fatti inquietanti tra Trapani e Palermo, a conciare dalla strage della casermetta di Alcamo Marina. Nicola Morra, nella conferenza stampa a conclusione del lavoro della commissione antimafia da lui presieduta, ha confermato, stavolta in maniera chiarissima, quanto aveva già fatto trapelare nell’intervista che ci aveva rilasciato il 25 maggio scorso.   “Per fare un esempio, su Alcamo Marina, se si vorrà, – ha detto ieri Morra ai giornalisti – verranno fuori cose divertenti”.

A prescindere dalla poco felice scelta dell’aggettivo, divertente, quando si parla di una tragedia che rappresenta uno die più grandi misteri d’Italia, nella quale sono morti due carabinieri e per la quale sono stati celebrati processi di revisione che hanno annullato le condanne agli ergastoli, Morra parla di organizzazioni para-militari, “di Gladio e quindi di una storia che avrebbe visto la criminalità organizzata dialogare con stati al plurale”. Conclusioni, quelle della commissione parlamentare antimafia, che avrebbero potuto avere una diversa risultanza se il lavoro dell’organismo bi-camerale non si fosse interrotto per la caduta anticipata della legislatura.

“Parte della relazione sulla strage della casermetta avvenuta il 27 gennaio del 1976 – ha aggiunto Nicola Morra – quella in cui un confidente della polizia avrebbe dato indicazioni sulla possibilità che il duplice omicidio dei carabinieri, Carmine Apuzzo e Salvatore Falcetta, sia stato al centro di un’operazione militare, un’operazione di Gladio – è oggetto di secretazione. Per questo non posso pregiudicare eventuali possibili attività dell’autorità giudiziaria”. Il caso, quindi potrebbe riaprirsi, anche perché a tutt’oggi, dopo più di 46 anni, non ci sono colpevoli.

Uno dei condannati, Giuseppe Vesco, si sarebbe tolto la vita in carcere, lui che aveva soltanto una mano e che fisicamente era alquanto debilitato, impiccandosi mentre gli altri condannati all’ergastolo ottennero, dopo circa trent’anni, la revisione dei processi e quindi l’assoluzione. Avrebbero confessato, all’epoca dei fatti, perché sottoposti a torture e minacce da parte dei carabinieri. Una strage, quella di Alcamo Marina, che continua a rimanere sotto un cumulo infinito di misteri.