Sequestro di beni da dodici milioni di euro

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    Un patrimonio di circa dodici milioni di euro, accumulato attraverso la sistematica imposizione del pizzo a imprenditori e commercianti, e complesse attività di riciclaggio e reinvestimento dei proventi illeciti in attività economiche formalmente legali, tutte intestate a prestanome.

    E ciò che emerso in seguito ad una serie di accurate analisi economico finanziarie eseguite dai Carabinieri del Comando Provinciale di Palermo scaturite dall’operazione “Senza Frontiere”, che nel giugno del 2009 portò all’arresto di dodici persone, tra vertici e affiliati alla famiglia mafiosa di “Villabate”.

    La Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Palermo, concordando con le risultanze dell’Arma, ha emesso i provvedimenti di sequestro che hanno colpito personaggi di vertice di “Cosa Nostra” tra i quali Giovanni D’Agati, già reggente della locale famiglia mafiosa il quale, dopo l’arresto di Nicola Mandalà prima e di Antonino Mandalà poi, aveva preso le redini della cosca, adoperandosi attivamente sia nel ferreo controllo del territorio che nell’imposizione del pizzo.

     

    Le misure di prevenzione hanno colpito i fratelli Maurizio e Davide Di Peri, rispettivamente di 36 e 34 anni, figli del più noto Giuseppe Di Peri, ucciso il 14 marzo 1995 insieme al figlio Salvatore, che gestivano due agenzie di scommesse fittiziamente intestate a Fabio Ribera, nonché Giovanni Montaperto, che si occupava dell’imposizione e della raccolta del pizzo nel territorio villabatese alle dirette dipendenze dell’allora capo famiglia Giovanni D’Agati.

     

    Nel complesso dei beni sequestrati, oltre che immobili ed appezzamenti di terreno, figurano anche attività commerciali operanti nel settore alimentare e nella rivendita di caffè, agenzie di scommesse, cavalli da corsa e svariati conti correnti.