Sequestro ai Funaro, sigilli anche ad Alcamo

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Un grandissimo patrimonio che aveva esteso i suoi interessi non solo nel cuore di Trapani ma anche all’estrema provincia, tra Alcamo e Castellammare del Golfo. All’alba di oggi è stato posto tutto sotto sequestro da polizia e guardia di finanza: si tratta di sigilli apposti in via preventiva del valore di 25 milioni di euro a due imprenditori di Santa Ninfa, Domenico e Pietro Funaro, padre e figlio, di 84 e 53 anni. Ad essere finite nel mirino imprese, società, quote societarie, conti correnti e depositi bancari intestati ai due. Pietro Funaro è l’attuale vicepresidente regionale dell’Ance, l’associazione degli imprenditori edili aderente a Confindustria. Funaro in passato è stato anche presidente provinciale della stessa associazione a Trapani. I beni di proprietà dei due su cui hanno messo le mani gli inquirenti si trovano tra Trapani, Campobello di Mazara, Santa Ninfa, Alcamo, Castellammare del Golfo e anche in provincia di Catania, a Santa Venerina, dove hanno sede le attività imprenditoriali dei Funaro padre e figlio. Il sequestro anticipato di beni ai fini della confisca è condotto nei confronti degli imprenditori da anni operanti soprattutto nel lucroso settore dei lavori appaltati da enti pubblici. I giudici hanno accolto la proposta firmata dal questore di Trapani, Carmine Esposito, a conclusione delle indagini condotte dal gruppo specialistico composto da poliziotti della divisione anticrimine e delle fiamme gialle. Sui due Funaro è da tempo che si concentra l’attenzione degli investigatori antimafia. Dalla metà degli anni ’90 sino ad oggi. I loro nomi spesso sono comparsi agli atti delle inchieste contro il clan mafioso capeggiato da Matteo Messina Denaro, il pericoloso latitante ricercato dal 1993. Si tratta di indagini che hanno fatto emergere, e in molti casi le circostanze hanno ricevuto il sostegno di pronunce definitive di condanna, le collusioni tra mafia, politica e impresa. Oggi il provvedimento dei giudici fa emergere l’esistenza di forti contatti tra i Funaro ed alcuni di questi soggetti condannati, come l’imprenditore Vito Tarantolo, anche lui di recente oggetto di un maxi sequestro di beni. Con Tarantolo i due Funaro avrebbero svolto un ruolo di sostegno per la intestazione fittizia di beni. Contro Domenico e Pietro Funaro gli investigatori hanno utilizzato le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, come Vincenzo Sinacori e Nino Birrittella, alcune intercettazioni, e diverse testimonianze. Tra gli appalti assegnati a imprese contigue o vicine all’associazione mafiose, grazie anche al sostegno che sarebbe giunto dai Funaro, ci sono quelli per l’ammodernamento anche strutturale dell’aeroporto militare di Trapani Birgi e la costruzione della galleria di Scindo Passo a Favignana. Il sequestro riguarda 3 beni immobili, 38 beni mobili (autovetture, furgoni e mezzi meccanici), 11 società e imprese, 22 partecipazioni in altre società, 82 tra conti correnti e rapporti bancari di altra natura. Tra le quote sequestrate a Pietro Funaro ci sono anche quelle di sua proprietà presso la società editoriale dell’emittente televisiva Telesud 3 di Trapani.

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