La mafia siciliana cambia pelle ma non perde il controllo. È quanto emerge dalla relazione annuale della DIA, presentata al Parlamento, che per la prima volta riunisce dati aggiornati sull’intero 2024. Il quadro è netto: le province di Trapani, Palermo e Agrigento restano saldamente presidiate da cosa nostra, con 123 interdittive antimafia, quasi il 60% in più rispetto alla Sicilia orientale, e la maggior parte tra Palermo e Trapani. L’area provinciale palermitana conta 7 mandamenti e 49 famiglie. Tra i centri più esposti Carini, Misilmeri e Partinico, teatro di operazioni come “Feudo2” e “Fenice”.
Nel trapanese la ‘menzione speciale’ va a Mazara del Vallo, Castelvetrano, Alcamo, Campobello di Mazara, Castellammare del Golfo, Marsala, Erice, Salemi, Vita, Custonaci e la stessa Trapani. Cosche che si muovono tra edilizia, sanità, trasporti, servizi funebri e agricoltura, mascherandosi dietro imprenditori compiacenti, parentele e favori consolidati. Nonostante la morte di Messina Denaro, la mafia trapanese regge grazie a un sistema “dinastico”, che passa il comando di padre in figlio. I mandamenti restano quattro, Trapani, Alcamo, Mazara del Vallo e Castelvetrano, suddivisi tra 17 famiglie attive. Le indagini hanno smascherato un fiume di reati: corruzione, estorsioni, gare truccate, riciclaggio. A Favignana le truffe su appalti pubblici, a Mazara la mafia condizionava le aste giudiziarie. A Petrosino, un consigliere è stato condannato per voto di scambio; ad Alcamo, si chiedono voti dalla mafia per le regionali.
Le operazioni “Scialandro” e “Olegna” hanno svelato legami tra clan e amministrazioni, perfino nella gestione dei ristori Covid. Milioni di euro in beni sono stati sequestrati a soggetti legati alle cosche. Il cuore della strategia resta il motto “Follow the money”: seguire il denaro per colpire il potere mafioso. Monitoraggio dei flussi finanziari, interdittive e prevenzione normativa sono le leve su cui punta la DIA per colpire le mafie e proteggere l’economia sana. Ma la vera sfida è culturale: spezzare il consenso e l’omertà che ancora oggi permettono a cosa nostra di respirare.